Commedia

NOI 4

NazioneItalia
Anno Produzione2014
Genere
Durata90'
Sceneggiatura

TRAMA

Ettore e Lara, due ex coniugi, e i loro figli, Giacomo ed Emma, vivono una giornata speciale.

RECENSIONI

L’opera seconda di Francesco Bruni regista suggerisce intanto una cosa: nel suo sodalizio con il centrifugo Paolo Virzì, egli è la spinta centripeta che rimette ordine e limita quella dispersione narrativa che condurrebbe, asintoticamente, al film-mondo. Scialla era un’opera molto centrata, che limitava i cosiddetti personaggi principali a due e ne seguiva le vicende in maniera sostanzialmente retta, in un percorso di formazione mai banale ma nondimeno chiaro. Noi 4, pur duplicando come da titolo i personaggi principali, mantiene una sua compostezza drammaturgica e, grazie anche all’autolimitazione temporale “semiaristotelica” (una giornata), rimane coerente e coeso, senza entropie, dall’inizio alla fine. Ma non funziona altrettanto bene.
C’è la volontà, a tratti evidente, di raffreddare la materia trattata, di non indulgere nel facile sentimentalismo aggirando il pericolo “eccesso di pathos”. Molte sequenze sono interrotte nell’immediato pre-climax (il test di gravidanza, l’esame di Giacomo, l’improvvisazione teatrale di Emma) e sono gli effetti a illustrare, freddamente, le cause. Tutto ciò che accade è estremamente quotidiano e anche i momenti potenzialmente più drammatici vengono disinnescati, con una patina di “banalità” (in senso buono) che si adagia sulle vicende (il non-tentativo di suicidio di Emma).
I problemi principali mi sembrano, però, tre. Il primo, legato al 'raffreddamento' di cui sopra, riguarda una generica sensazione di distacco che induce, salvo qualche eccezione, a un quasi-disinteresse per le vicende dei personaggi, coi quali risulta spesso difficile entrare in empatia. Il secondo è l'eccessiva tipizzazione dei personaggi stessi, che non riescono a evadere del tutto i confini dei propri caratteri: il bravo ragazzo, la twentysomething alternativa, l'artistoide fallito e la donna in carriera rimangono, al netto di qualche problematizzazione, un bravo ragazzo, una twentysomething alternativa, un artistoide fallito e una donna in carriera. Infine gli attori. Il comparto attori non ci sembra del tutto a fuoco. Gifuni è il più centrato e credibile, Lucrezia Guidone convince a fasi decisamente alterne, il giovane Francesco Bracci è spesso, con troppa evidenza, un non-attore in erba mentre pericolosamente vicina al miscasting risulta la Rappoport. Meglio le figure di contorno, prima fra tutte Raffaella Lebboroni nella parte di una zia (non stucchevolmente) compiacente.
Bruni si conferma, infine, regista capace. Comprensibilmente, e giustamente, “al servizio” della sceneggiatura, la sua si dimostra una mano saggia: lontano da qualunque leziosità o tentazione virtuosistica, ricorre a una sintassi semplice ma efficace, con particolare attenzione alla scala dei piani quale corrispondente linguistico del fattore emotivo/intimo della sequenza.