TRAMA
Mr. Jones è un uomo affascinante e carismatico: in realtà soffre di psicosi maniaca depressiva. Cerca d’aiutarlo una terapista.
RECENSIONI
Parecchi i problemi produttivi di questa pellicola: Mike Figgis l'aveva terminata nel 1992, la produzione Tristar l'ha rimaneggiata con il supporto del regista Jon Amiel (Sommersby), nell'intenzione di affievolirne l'impronta troppo realistico/drammatica (Figgis ama i viaggi nella psiche contorta) con sequenze romantiche. Infatti, a specchio della malattia del protagonista, ad una buona prima parte, carica, coinvolgente, divertente, scandita da “I feel good” di James Brown, non corrisponde un soddisfacente secondo tempo che, invece che descrivere lo stadio depressivo in modo “malato”, preferisce adagiarsi su toni all'acqua di rose, tipici del prodotto medio hollywoodiano. Nelle intenzioni degli sceneggiatori questa sindrome bipolare doveva essere scandita in due tempi rappresentativi, il retrogusto amaro ed inquietante doveva manifestarsi in tutto il suo stadio autolesionistico, dopo un inizio dove era protagonista l'esaltante e contagiosa prova di Gere in fase "up". Un seguito scomodo e duro era anche coerente con la poetica del regista (Affari Sporchi, sempre con Gere). Si ricerca invece la banale love story con le sue complicazioni, rifacendo il verso, magari, a Il Principe delle Maree di Barbra Streisand. Salvo un futuro "director's cut", non saremo mai del tutto certi che il regista non avesse rinunciato già a priori al suo cinema più contorto e pretenzioso. Nessuno gli toglie però la responsabilità (perché è un difetto ricorrente nelle sue opere) di una drammaturgia che, a tratti, non soppesa bene le sue parti (la troppo fulminea decisione del personaggio di Lena Olin di non considerare più il suo paziente, ad esempio).
