TRAMA
Arthur Bishop (Jason Statham) è tra i sicari più richiesti al mondo: meticoloso, non sbaglia un colpo ed è specializzato nel far sembrare gli assassinii dei normali incidenti. Anche se uscito dal “business” Arthur sarà costretto a tornarci per un’ultima missione: completare una serie di omicidi, uccidendo gli uomini più pericolosi al mondo, senza che l’FBI si accorga che i colpi portano la sua inconfondibile “firma”. (Pressbook)
RECENSIONI
Sequel di Professione Assassino (2011) che a sua volta era uno pseudo-remake dell'omonimo film del 1972, Mechanic: Resurrection si allontana dall'ambientazione metropolitana del primo capitolo e vira nel tipico glam cosmopolita da cartolina esotica, portando il duro hitman Arthur Bishop tra le spiagge cristalline del sud-est asiatico. A farle compagnia non più un problematico figliol prodigo che cerca vendetta, ma una bond-girl dal cuore d'oro (operatrice in un rifugio di bambini cambogiani), messa sotto scacco dai cattivi di turno per incastrare il protagonista. L'amor fou tra i due sarà il motore dell'intero film, oggetto di ricatto che obbligherà Bishop a una sequenza di eliminazioni su imposizione pur di salvare la splendida Gina (Jessica Alba). Non si può certo tenere a bada Jason Statham, combattente pressoché invincibile, che saprà manipolare la committenza e portare a termine la sua vendetta. Influenzato dal filone 007 per il tentativo di dare carisma e ingegno al personaggio, Mechanic: Resurrection omaggia dichiaratamente le missions impossible di Hunt e certa fisicità corpo a corpo del cinema di Seagal, in particolare il suo Trappola in alto mare da cui sembra anche ricalcare, in parodia, l'eccentrico villain di Tommy Lee Jones. Il ritmo indiavolato di Simon West è un miraggio per un film che, nella mani di Gansel, non sconvolge per inventiva e, spulciando tra più riferimenti, fallisce nel creare una sintesi iconografica accattivante. Questo di certo non esclude che il trend non possa andare avanti, anzi, le premesse ci sono tutte. Di certo è assai deludente come l'opera originale di Winner, tagliente per riflessione etica e (soprattutto) politica, sia di fatto uno sterile spunto. Quello che rimane è un action-movie assai innocuo, dove il Bishop di Statham è un banale hero che non ha niente di che spartire con il gelido tormento del suo predecessore Bronson. Altri tempi.