TRAMA
Un essere entra in casa di Madison, uccide suo marito e le fa perdere il bimbo in grembo. Madison sa che si chiama Gabriel e lo vede in azione anche con altre vittime: sono i medici che, negli anni novanta, lo avevano in cura in un ospedale.
RECENSIONI
James Wan sa girare/montare malignamente bene e ha fiuto per le icone horror potenzialmente indelebili. La sua messinscena, però, fa sempre i conti con cliché ed ingenuità varie che ne dissimulano la qualità. La tradizione cinematografica horror è un enorme recipiente di cui si nutre la sua mente ma, come nella simbiosi fra Gabriel e Madison, non distingue il bene dal male, dove finisce l’intuizione geniale e inizia la sua compromissione. È un gemello parassita capace di acrobazie straordinarie che cade vittima della stessa fonte da cui prende forza. Quando Gabriel è en plein air, alla stazione di polizia dopo il massacro, nasce una figura dell’orrore epocale, ingegnosa nel modo di combattere muovendosi a ritroso, con nuova funzione dei capelli alla Samara, importanza argentiana del dress code, manifestazioni tumorali cronenberghiane (Brood, Brian Yuzna), schizofrenia kingiana/romeriana da Metà Oscura e Due Sorelle siamesi depalmiane. Il talento tecnico/espressivo del regista è evidente nelle scene dove il piano della realtà è ingannato dalla manipolazione mentale e, soprattutto, nell’inseguimento del poliziotto nell’underground di Seattle: questione di rumori, apparizioni, illuminazioni, angoli d’inquadratura, prospettive, montaggio. Il gemello Wan, però, s’attacca anche ad un cervello ordinario, stolido fra idiozie e grossolanità (mancano i segnali di una consapevolezza parodica), dalle reazioni insensate di Madison all’inizio (sanguina a lungo e non va in ospedale; torna nella casa dove è stata aggredita e si sente al sicuro montando un chiavistello), alle rappresentazioni della sua crescita nei flashback, con l’impossibile perfezione dell’identikit invecchiato o l’inverosimile Vhs con Madison che non ha 8 anni. Fanno invece parte dell’ossequio ai cliché le ambientazioni, dalla casa gotica all’inizio all’ospedale da paura stile Shutter Island (che la sorella esplora di notte e senza compagnia, ovviamente).