Sala, Thriller

L’INGANNO PERFETTO

Titolo OriginaleThe Good Liar
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2019
Genere
Durata109'
Sceneggiatura
Trattodal romanzo di Nicholas Searl
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Il genio della truffa Roy Courtnay non riesce a credere alla propria fortuna quando incontra online la benestante vedova Betty McLeish. Mentre Betty gli apre le porte di casa e della sua vita, Roy rimane sorpreso scoprendosi affezionato alla donna: quella che sarebbe dovuta essere una truffa veloce e rapida si trasforma in un percorso da funambolo.

RECENSIONI

Mentre un’immaginaria macchina da scrivere redige i titoli di testa del film (su una carta lisa e ingiallita, che appartiene al passato: capiremo perché), ciascuno dei due protagonisti, al computer, compila su un sito d’incontri il proprio profilo. Il montaggio alternato ne rivela da subito la reciproca predestinazione, e una piccola spunta mette in guardia lo spettatore. «Fumatore?» chiede una delle voci del format. «No» dichiara Roy/Ian McKellen, espirando il fumo della sua sigaretta mentre dal cant(ucci)o suo Betty/Helen Mirren, descrittasi astemia, si versa un bicchiere di rosso. Con ossequiosa pedanteria, Bill Condon lo mette in chiaro appena può: non tutto è come sembra e forse, alle soglie d’una rom fuori tempo massimo, questi due ottantenni non la contano giusta. L’ambiguo corteggiamento senile ha dunque inizio: un pranzo, una telefonata, un cinema. E non è un caso, in questo mind game ansioso di farsi capire, che il film che Roy e Betty vedono in sala nel loro secondo appuntamento sia Bastardi senza gloria, l’ucronia in cui Tarantino affida al cinema – la settima arte, ma anche il luogo fisico della proiezione – il compito di fare giustizia, di emendare la Storia capovolgendone gli esiti. Nel confuso (ma non per questo meno prevedibile) affastellarsi di punti di vista – lui non è chi dice di essere, e lo sappiamo, ma allora lei chi è? – e di generi – rom com, film di truffa, mind game, piattamente filmati ciascuno secondo i propri canoni, senz’ombra di postmoderna ironia - sarà proprio la Storia (maiuscola) a farsi parte in causa, con un excursus posticcio nella Berlino divisa dopo la seconda guerra mondiale a cui è necessario risalire per comprendere le ragioni della storia (minuscola). Ma Condon non è Guadagnino (vedi alla voce Suspiria), e al suo ricorso al passato – virato inevitabilmente al seppia – non riesce di risultare qualcosa più d’un pretesto che motiva grossolanamente l’agire dei protagonisti e prepara il terreno all’ennesima svolta, all’ennesima inversione di ruolo tra carnefice e vittima e all’ultimo definitivo colpo di scena che, riconducendo a un trauma del passato tutto l’arco narrativo della protagonista, sposta ancora una volta l’asse del film, forzatamente improvvisatosi revenge movie per saltare a bordo dell’affollata barca delle narrazioni post #MeToo. L’inganno perfetto: non quello dello scaltro Roy ai danni della solo apparentemente ingenua Betty, né della neonata virago nei confronti dello smemorato truffatore: quello di Condon medesimo, piuttosto, che veste di troppi generi un lavoro vistosamente a servizio dei suoi interpreti e del suo pubblico anagrafico di riferimento.