TRAMA
Il visconte di Valmont e la marchesa di Merteuil fanno una scommessa: lui potrà passare una notte con lei se riuscirà a sedurre la virtuosa moglie di un magistrato.
RECENSIONI
Il romanzo di Laclos trova il migliore degli adattamenti possibili: partendo dalla versione teatrale di Christopher Hampton (anche sceneggiatore), Frears brutalizza l’intrigo ma non lo spirito, costruendo un Settecento tutto specchi e niente fronzoli, cornice perfetta per il dominio della Ragione e dei suoi mostri, automi sessuati stritolati dal cerimoniale (sociale, religioso, artistico) che possono conoscere una parvenza d’amore solo a prezzo della vita o, peggio, del ridicolo. Lontana dalla pretenziosità di un Forman (per tacere dell’avvilente Cruel Intentions), la regia monitora impassibile i simmetrici percorsi dei personaggi, assegnando la parte del leone al meraviglioso gioco d’attori (il volto camaleontico di Close, gli intrecciati sorrisi di Malkovich e Pfeiffer, le lacrime di Thurman e Reeves non hanno meno rilievo degli scintillanti dialoghi), suscitando incanti visivi mai calligrafici perché sempre espressivi (la doppia vestizione iniziale, lo sfarzo pomposamente artefatto del teatro d’opera in cui la marchesa sovrintende a ben altre musiche, la morte di Valmont, un filo rosso in un mare bianco sporco), cesellando un gioiello di appassionato nitore e felpata disperazione, suggellato da un primo piano lacerante, interminabile, irresistibile.