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TRAMA
Persuaso dalla moglie Suzanne, Jean-Louis, un agente di cambio di mezz’età, licenzia la vecchia domestica per assumere Marìa, giovane e spagnola. Di lì a breve sarà attratto dalla vitalità delle “donne del sesto piano”, le colf spagnole che abitano nel suo stesso palazzo. Liberatosi dall’asfissiante routine borghese, si ritroverà libero, ringiovanito e innamorato.
RECENSIONI
[Alta Densità di Spoiler]
In bilico tra la favola d'amore e la parabola sociale, l'operetta di Le Guay mira alla commedia brillante con intenti edificanti, affidandosi a caratterizzazioni lise e situazioni ovvie per riflettere sulla solidarietà tra classi e culture diverse. Pesa, in primo luogo, l'irritante bicromatismo morale con cui si raffigura il gap d'umanità tra le signore borghesi e le domestiche spagnole: con sommo sprezzo per qualsiasi principio di credibilità psicologica, le une sono (f)rigide, ipocrite e lamentose, le altre esuberanti, schiette e combattive; alle prime spetta un'esistenza agiata e perennemente insoddisfatta, tumulate come sono nella routine delle finzioni mondane, alle seconde una vita di miseria e inguaribile ottimismo, forti di una tenacia che si vuole tutta iberica (lo scarto di joie de vivre viene persino rimarcato da un'inqualificabile battuta della moglie: Se n'è andato lassù perchè quelle donne sono vive; noi, qui, è come fossimo morte). Bandite le mezzetinte, Le Guay, assistente di Pialat e sceneggiatore di successo per Nicole Garcia, si sofferma ostinato su quest'unico movimento, insistendo a (di)mostrare come il calore delle domestiche straniere sappia scongelare anche un borghese di mezz'età, dissetandone le aridità e liberandone i desideri repressi. Anche in Le donne del sesto piano, similmente a L'ospite inatteso e A proposito di Schmidt, l'inaspettato confronto tra le rigidità del Nord e la vitalità del Sud permette allo spento protagonista un insperato risveglio affettivo, ridonandogli amore nei confronti della vita. Tuttavia, è proprio nel ritratto umano che il film di Le Guay risulta stinto e poco attendibile, componendosi il brioso gineceo di caratteri fissi e tra loro complementari, quasi a formare un'unica entità corale, mero contorno al flirt tra padrone e serva: com'è evidente dalle programmatiche schermaglie tra Dolores, cattolica devota, e Carmen, comunista diffidente e enragé (a cui s'affiancano altre caricature: Concepciòn, saggia moderatrice, Pilar, malmenata dal marito violento, e Teresa, smaniosa di sposare un francese), il tentativo di infilare a forza le molte anime di un Paese in un microcosmo tanto angusto (non mancano nemmeno accenni distratti e pretestuosi al franchismo) finisce col ridurre le donne del titolo a misere macchiette, incarnazioni di luoghi comuni in reciproco bilanciamento.
Banalità e perbenismo sono i princìpi ordinatori dell'opera: Le donne del sesto piano, anche a prescindere dalla prevista love story interclassista, oscilla con candore tra dialoghi imbarazzanti (Lei-crede-di-conoscermi-ma-non-sa-niente-di-me:ho-un-figlio-ma-non-sono-sposata) e decrepite scene clou (il padrone s'infatua della domestica scorgendola nuda sotto la doccia), sfiorando il ridicolo quando Jean-Louis, agente di borsa convertitosi in benefattore, insegna alle spagnole le gioie del mercato finanziario (sic) e riesce a placare i rigurgiti antipadronali della riottosa Carmen riparandole il gabinetto otturato (sic II). Se lo scandaglio delle psicologie femminili si ferma sempre in superficie (lo stesso vale per la sig.ra de Brossolette, vamp imbellettata e fasulla, utile ad esaltare per contrasto il fascino verace delle spagnole) è anche perché lo sguardo da capitalista bonario del protagonista coincide con quello dello stesso Le Guay, figlio di un aristocratico e genero del premier Dominique Villepin, successore di Chirac. Il regista si è difatti ispirato alla tata spagnola da cui venne educato, e a tale prospettiva autobiografica sono da ricondursi anche le materne colf del film, donne di un alterità fiera e passionale, da definirsi sempre e solo a partire dalle loro mansioni domestiche (culinarie in primis: Jean-Louis comincia ad affezionarsi a Marìa quando si vede servito un uovo alla coque cotto alla perfezione): sotto la benefica influenza delle matrone iberiche, il protagonista ringiovanisce come un bambino capriccioso, dimentico delle responsabilità dell'età adulta (telefona per gioco, ruba le sigarette al collega, esige una stanza tutta per sé) ed è da loro vezzeggiato come un figlio (esemplare la scena del remedio contro il mal di pancia). Le Guay pretende inoltre di esprimersi sui sogni delle emigranti spagnole, le quali, incoraggiate dal protagonista a giocare in borsa (comunista inclusa), sperano di ritornare in Spagna da padrone o di sposare un ricco francese; non soddisfatto, aggiunge al mosaico di figure un unico personaggio maschile non appartenente alla borghesia (il cameriere Gérard) al solo fine di dimostrarne la bruta volgarità (per poco non stupra Marìa). Arabescato dalle partiture zuccherine del ruiziano Jorge Arriagada e sorretto pressoché interamente dal carisma di Fabrice Luchini, Le donne del sesto piano è l'ennesima fiera delle banalità in tema di interculturalismo e interclassismo, obbediente ad un timido decoro formale che passa per trattenuta eleganza, stretta tra la prevedibilità di uno script nato morto e l'accuratezza museale di costumi e arredi. Se Le Guay intendeva mettere a nudo i rapporti di classe tra francesi e migranti, la declinazione al passato (nella Parigi gollista dei primi anni '60) è pretesto scenografico facile e codardo, espressione di un cinema fuori dal suo tempo e in ritardo su ogni Storia; se le pretese erano quelle della commedia da camera posata e graziosa, attenta ad orchestrare la più classica delle storie d'amore balbettandovi attorno un'ode generica al rispetto e alla tolleranza reciproche, il campionario di buonismo che ne risulta, pur dai modi gentili e vivaci, resta irrisorio ed epigonico.
Contro-visione consigliata: Die letzten Männer di Ulrich Seidl.