TRAMA
Un agente di cambio è investito da alcune radiazioni che lo rendono invisibile. Un agente corrotto della Cia vuole catturarlo e servirsene.
RECENSIONI
Da Grosso Guaio a Chinatown (1986), John Carpenter ha preso gusto alla commedia e, in quest’opera su commissione, si arrende anche alla logica mainstream del rifacimento al servizio degli effetti speciali (ottimi per l’epoca, opera di George Lucas & co.) e del colore (fotografia di William A. Fraker): niente che debordi e sorprenda come il suo cinema ci ha abituato (basti pensare all’altro suo remake, La Cosa) ma il film funziona nell’accompagnare il dramma della condizione di invisibilità con molta ironia, un pizzico di romanticismo e varie azioni d’inseguimento. Un’invisibilità anche allegorica, secondo la buona sceneggiatura di Robert Collector, Dana Olsen e William Goldman. Pur prendendo le mosse dal romanzo “Memorie di un uomo invisibile” di H. F. Saint, è a L’Uomo Invisibile di James Whale, tratto da Wells, che Carpenter guarda, moltiplicando trucchi e occasioni per mostrarli ma ci sono anche altri omaggi, con citazioni, al cinema del passato, soprattutto noir. L’operazione è stata voluta da Chevy Chase e John Carpenter è stata la sua seconda scelta dopo Ivan Reitman (“esonerato” perché puntava troppo sulla sola comicità). Daryl Hannah, invecchiando, migliora, dotandosi di uno sguardo sempre più espressivo.
