TRAMA
Due “amiche” scoprono il segreto dell’eterna giovinezza, e ne fanno le spese…
RECENSIONI
Robert Zemeckis ha provato, in varie occasioni, ad oltrepassare la soglia del visibile e- perché no - del possibile, immergendosi in mondi potenziali, futuri(bili), deformati, ma raramente è stato livido, disperato, divertente come in questo film.Al centro del mirino, il mito faustiano dell'eterna giovinezza, divenuto un must nella società dello spettacolo: un'attrice decaduta e una scrittrice in crisi non solo creativa ricorrono a una enigmatica fattucchiera per conquistare una pozione che dona eterna vita e bellezza immortale. Ma un 'piccolo' particolare renderà spassosamente vani i tentativi delle due di arginare l'effetto del Tempo.Il regista riesce a costruire un universo verosimile (fino a un certo punto) magnetico nella sua dichiarata simulazione (i cieli ostinatamente cupi, il castello tutto marmi, ori e vetrate gotiche), congelato e sul punto di sgretolarsi, in cui l'insopprimibile vitalità del cartoon si unisce alla certezza che nulla dura, per l'uomo e le sue creazioni (e il corpo non fa eccezione). Tutto è finto, dolorosamente fittizio, degradato all'estremo: l'infimo musical tratto da 'La dolce ala della giovinezza', il salone di bellezza come moderna sala della tortura, il party dei clienti della strega illustrano efficacemente il processo di svuotamento che investe persone e ideali, ridotti a mera facciata, a pura combinatoria di linee e colori dietro cui si cela il nulla (lo smontaggio dei corpi nella scena finale). La cosmesi è inarrestabile, sempre più invadente: solo il pavido Ernest, ridicolo oggetto del contendere che dovrebbe - in teoria - scatenare la rivalità fra le 'eroine' e finisce per unirle senza soluzione, sarà capace d'interrogarsi sulle estreme conseguenze di una (rin)corsa alla perfezione che è chiaramente persa in partenza.Anche lasciando da parte le considerazioni al vetriolo sulla chirurgia plastica come fine ultimo dell'uomo, il film di Zemeckis è una commedia godibilissima, densa di trovate e battute memorabili, dotata di un ritmo invidiabile e impreziosita da prove di micidiale autoironia. Meryl Streep riscatta le tante, troppe, mediocri interpretazioni degli ultimi anni incarnando l'Attrice come categoria dello spirito: Madeleine è una donna avida, invidiosa, querula, beatamente incapace (il thriller che Helen guarda alla televisione dice abbastanza circa l'inconsistenza del suo talento), ossessionata dalla paura di non essere all'altezza della sua leggenda (i duetti con la domestica). Goldie Hawn scherza con una facilità persino sospetta sulle pratiche di chirurgia estetica, ed è difficile dire chi, fra le due primedonne, sia la figura dominante. 'Eroe' della storia è un magnifico Willis, la dimostrazione che il miscasting, a volte, paga. Conturbante, quando tace, la Rossellini.