Horror, Recensione

KILLER MACHINE (1993)

Titolo OriginaleGhost in the machine
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1993
Genere
Durata95’
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Un serial killer, che uccide i nominativi inseriti in agende telefoniche rubate, muore in un incidente d’auto, ma riesce ad immettersi “virtualmente” nelle reti telematiche.

RECENSIONI

Da quando Wes Craven ha popolato l’immaginario dell’orrore con la sua creatura virtuale (il re dei sogni Freddy Kruger), sono stati sfornati serial killer dai vinili metal (Morte a 33 Giri), dai videogame (Brainscan) e dalla corrente elettrica (Sotto Shock, sempre Craven): non potevano mancare i computer, non a caso con la firma della regista di un mediocre seguito di Nightmare (cap. VI: La fine). Rachel Talalay ha nel curriculum alcune collaborazioni con il “papa del trash” John Waters: nel suo universo horror non manca un'ironia che le permette di rientrare nei canoni “abbordabili” dai teenager. Un bambino protagonista è sempre d’obbligo (alla moda: ascolta musica rap), non devono mancare i pruriti sessuali (la bella babysitter), i fiotti di sangue “cool” che fanno gridare senza paura ed un profluvio di effetti speciali (digitali ed ordinari) che hanno gonfiato il budget, non permettendo di rientrare nei costi. È quindi un prodotto mercantile di routine e senza novità, ma meno deludente di quel che ci si aspetterebbe da parte di una coppia di sceneggiatori (William Davies e William Osborne) che ha firmato commedie dozzinali come Una Bionda tutta d'Oro e Fermati, o Mamma Spara e che, in questa sede, "s’impegna" a clonare un film di successo come Il Tagliaerbe. Tutto sommato, è abbastanza divertente e non del tutto futile nel suo sarcasmo sul villaggio globale, eterodiretto dagli apparecchi telematici: viene esasperata la fobia degli incidenti domestici e quella dell’invadenza, da parte delle macchine, della privacy. La regista (impegnata in virtuosistiche soggettive e in steadycam d’effetto sui cavi elettrici) rivela anche una buona vena caustica, analizza tutto l’armamentario di oggetti moderni per intrappolare le povere vittime ferocemente (l’uomo ”esploso” in un gigantesco forno a microonde, quello bruciato da un asciuga-mani elettrico) o ingegnosamente (la scena della piscina). L’opera, quindi, qualche sorpresa la riserva ed è riuscito (caso raro) il suo mix di commedia e orrore: del resto, come si fa a prendere sul serio un serial killer che uccide tutti i nominativi di un’agenda telefonica rubata?