Drammatico

KI

Titolo OriginaleKi
NazionePolonia
Anno Produzione2011
Durata94'
Sceneggiatura
Fotografia
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Scenografia

TRAMA

Ki è una giovane donna che non vuole più vivere con il padre di suo figlio. Si trasferisce in una casa dove abita Miko, un uomo serioso e poco propenso a distrazioni. La responsabilità di crescere un bambino da sola si scontra con la necessità di lavorare e la voglia di condurre una vita spensierata.

RECENSIONI


La giovane ed esuberante Ki, madre di un bambino di due anni e sola dopo avere abbandonato il padre di suo figlio, rappresenta le contraddizioni e i conflitti della donna contemporanea. Non riesce infatti a conciliare il ruolo di madre con quello di compagna, ma soprattutto con quello di ragazza giovane e curiosa, affamata di mondo e di novità. Ki si affida molto agli altri, lascia il bambino a chiunque si renda disponibile, fa promesse che non riesce a mantenere, si installa a casa di un’amica e la stravolge, mette sempre se stessa davanti a qualunque decisione. È un ottimista per natura e non si butta mai giù nonostante i molti ostacoli che incontra. Qualcosa potrebbe cambiare con l’entrata in scena di un taciturno inquilino, che vive in silenzio e solitudine e rappresenta il miraggio di una vita scandita da orari regolari e stabilità. Ma entrare in contatto, e soprattutto trovare un’intesa, con un carattere agli antipodi si rivelerà per Ki davvero impossibile.


Il film, pur costruendo un percorso tutto sommato punitivo per la protagonista (il regista non ama la sua non-eroina e si percepisce), mette in scena caratteri apprezzabili proprio per le sfumature che li contraddistinguono. Il punto di vista è chiaro, lo sguardo cerca le contraddizioni di una figura femminile complessa e irrisolta, ma non ci sono facili sentenze e solo poche forzature (l’improvviso interesse della protagonista per l’arte). Ki è una donna che non si assume le responsabilità che la presenza di un figlio comporta e vive la famiglia come la negazione di ogni realizzazione personale. Un approccio alla vita impulsivo e scostante, basato su dinamiche egoiste e materiali, che si scontrerà con la concretezza delle conseguenze: la crisi del figlio ammalato di “precarietà” e la solitudine.


La sceneggiatura è attenta nel tratteggiare il personaggio con misura, toni leggeri e lontano da qualunque stereotipo. Particolarmente interessante il fuori scena a cui si lascia la maturazione della protagonista. Siamo abituati a personaggi che cominciano in un modo e finiscono in un altro, a causa delle esperienze forti attraversate nel corso della narrazione. Ki, invece, è sempre uguale a se stessa. Sarà solo dopo la parola fine che, forse, qualcosa cambierà, sempre che le sconfitte subite si traducano in nuove, rivoluzionarie, consapevolezze. Il che, ovviamente, non è affatto scontato. Intensa la protagonista Roma Gasiorowska, vincitrice del premio come miglior interprete al festival di Gdynia, in Polonia.