TRAMA
Un fornaio e sua moglie vengono mandati nel bosco da una strega per infrangere l’incantesimo che impedisce loro di diventare genitori. Qui si imbattono in Cappuccetto Rosso, in Cenerentola, nel piccolo Jack e la sua mucca, in Raperponzolo, in un paio di giganti e un paio di principi.
RECENSIONI
Rob Marshall, regista che ama i musical (Chicago, Nine), questa volta rispolvera un successo degli anni Ottanta che rileggeva e sovrapponeva alcune tra le più famose fiabe dei Grimm e di Perrault. Into the woods è l'intreccio di diverse favole: Jack e i fagioli magici, Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Raperonzolo. Personaggi che abbiamo frequentato assiduamente negli ultimi anni, tutti, senza eccezione, protagonisti di almeno una rivisitazione cinematografica, che sia animata o live action, in chiave horror o totalmente per famiglie. Da qui l'iniziale sensazione di straniamento nel vedere una seconda Cenerentola nel giro di pochi giorni e Rapunzel senza ladruncolo né iguana. La produzione Disney in questo caso si adegua all'opera del 1987 e ritiene di poter osare canzoni non troppo allegre e contenuti non sempre rassicuranti. Forse perché i precedenti di Mamma mia! e Les miserables ben promettevano. Per ognuno dei protagonisti viene offerta una chiave di lettura portante. Cappuccetto Rosso viene presentata come il simbolo della curiosità, che fuori dal sentiero della prudenza fa scoperte nuove e si sente eccitata e spaventata. Cenerentola, decisamente inedita, è connotata dall'indecisione. Trova divertente andare al ballo e poi scappare ma la spaventa restare al castello, un mondo nuovo e distante. La strega rimpiange la bellezza perduta e cerca di riconquistarla, cova vendette meschine, ma è anche una madre protettiva. Parentesi dovuta per sottolineare la centralità delle figure materne matrigne - non tanto la matrigna vera ma anche la mamma che non sa vedere oltre l'ingenuità del figlio e non sa dargli affetto che con scappellotti, la madre soffocante di Raperonzolo non priva però di saggezza, a sua volta vittima di una madre implacabile ed ingiusta. Filo conduttore sono due sposi che lottano per annullare la maledizione della strega ed avere finalmente un figlio. Il luogo che tutti unisce, tutti mette alla prova e cambia è però il bosco. Into the woods dipinge la foresta come luogo alternativo al reale ed al quotidiano, luogo delle occasioni dove si scopre una parte nascosta e sconosciuta di sé. Il panettiere si rivela audace e, in seguito, capace di costituire un solido sostegno per altre persone, dopo essere sempre stato dipendente in tutto dalla propria moglie; il ragazzino apparentemente sciocco si riscatta; i principi si ridimensionano. e i sogni, quando si avverano, si infrangono, almeno in qualche caso, come ricorda l'adagio "Attento a quello che desideri".
Si assestano dunque colpi ad alcuni capisaldi dell'immaginario favolistico classico. Con i sogni sgonfiati, il lieto fine a dir poco parziale, le vendette cruente, le unioni romantiche che si sfaldano, la morte dei protagonisti - la morte non è bandita, sebbene anche qui sia funzionale alla crescita individuale di chi subisce il lutto. Il punto forte del film non è costituito tanto dalla scelta di rimescolare le carte, quanto da alcuni testi non banali, capaci di afferrare psicologie non scontate. Ad esempio la moglie del fornaio rimpiange gli "attimi", scorci di una vita diversa dalla sua, pur amata. Ed è sua una delle frasi più memorabili, quando si lamenta del fatto che la vita consenta solitamente solo gli "o" ed non gli "e". Ma in fondo è coraggiosa a suo modo anche la rappresentazione di Cenerentola che dopo aver sperimentato la vita da incubo e la vita da sogno anela la via di mezzo, del principe che non sa guarire l'istinto alle scappatelle, l'uno che ama nell'altra solo il principe irraggiungibile e la ragazza che fugge. In alcune sequenze è evidente anche l'intento parodistico nei confronti delle favole classiche, in particolare nel numero musicale dei due principi innamorati e disperati (Agony). Ma se la presenza dell'umorismo è diffusa, lo spirito parodistico appare a sprazzi. Forse un bene, in era post Shrek, eppure lascia la sensazione di un'opera ibrida priva di un'idea portante chiara ed un registro definito. Into the woods rischia di essere un calderone nel quale è difficile trovare un criterio narrativo: che sia la satira o il sovvertimento delle favole tradizionali o ancora l'approfondimento psicologico dei caratteri ed il bagno di realtà per i sogni. Perché ad esempio un trattamento per la fiaba di Cenerentola ed un altro per Raperonzolo? Perché abbandonare narrativamente Cappuccetto Rosso? Questo il limite di un film peraltro arricchito da splendide scenografie e ottime performance. Di Streep ce n'è una, ma anche Blunt, Corden e Huttlestone, in particolare, sono in piena forma. Senza voler infierire, è invece spontanea la stizza per la sbandierata presenza di Johnny Depp, consistente in verità solo in un cameo. Il suo Lupo è infatti personaggio inesplorato che rimane ininfluente se non come icona, esercizio di trucco.