TRAMA
Valerio é un adolescente solitario che non riesce a socializzare con i compagni di classe. Cerca e rifugge la loro presenza in un incessante e ambivalente confronto. Un giorno un evento inaspettato sconvolge la sua vita inducendolo a compiere un errore fatale.
RECENSIONI
Mirko Locatelli debutta nella regia di un lungometraggio con un'opera velleitaria che si scontra con la povertà dei mezzi a disposizione. Il soggetto ha più di un motivo di interesse nel tentativo di fondere un percorso di crescita adolescenziale con i problemi di un'età in cui le pulsioni corrono in modo inversamente proporzionale alla capacità di comunicarle. Il protagonista è infatti un ragazzo molto introverso, prima vittima di atti di bullismo e poi a sua volta carnefice. Ciò che sulla carta attrae, però, sullo schermo si riduce a poca cosa: la fotografia non crea la necessaria suggestione, soprattutto negli esterni, e uniforma verso il virato seppia tutte le sequenze; la recitazione è più volte incerta e rigida, con poca capacità di valorizzare le sfumature; la presa diretta rende i dialoghi spesso difficilmente comprensibili; la sceneggiatura cerca l'essenzialità ma dimentica il contesto in cui si svolge la vicenda e si sofferma su dettagli della quotidianità che però non regalano autenticità ai personaggi. In 88 minuti non arriviamo a sapere quasi nulla dei protagonisti e di ciò che passa loro per la testa. Li vediamo prigionieri di gesti che sono sempre gli stessi ma che non contribuiscono a delineare a sufficienza le psicologie. La dinamica del ricatto, ad esempio, si ripete varie volte senza una progressione che aggiunga perlomeno mordente agli sviluppi. L'ambizione è evidente nelle citazioni colte disseminate nei piani sequenza che compongono il lungometraggio: la lunga camminata tra i corridoi (omaggio evidente a Elephant di Gus Van Sant), il tentativo di trovare la spontaneità contestualizzando il nucleo familiare tra colazioni, pranzi e cene (un po' come in Proprietà privata di Joachim LaFosse), la ripetizione degli stessi, banali, gesti per dare verità alle caratterizzazioni (tutto il cinema dei fratelli Dardenne), fino al finale “rotolante” nell'acqua (Mouchette - Tutta la vita in una notte di Robert Bresson). Purtroppo, però, il risultato non va oltre le buone intenzioni, con approssimazioni che diventano imbarazzanti in sequenze come quella, tra l'altro ripetuta ben due volte, dell'improbabile inseguimento tra uno scooter e un Ciao rabberciato. È vero che bisogna pensare in grande per ottenere risultati insperati, ma forse è necessario anche fare i conti con le risorse disponibili per evitare di compiere il passo più lungo della gamba.

Efficace racconto della giovinezza che Locatelli mette in scena senza pretese di assolutizzarne i risvolti: una storia come tante, dunque, ambientata nella campagna cremonese, che si sviluppa mettendo in luce sentimenti, indifferenze, solitudini e contrasti della realtà rappresentata. Apprezzabile l’asciuttezza della scrittura: l’autore non cade mai nella facile tentazione di esplicare i punti nodali del film o sottolinearne i significati concentrandosi sul protagonista, i suoi rapporti con la famiglia, il complicato relazionarsi con i suoi coetanei, rimanendo sempre agganciato a un registro rigorosamente espositivo: le dinamiche degli ambienti (interno domestico, scuola, piscina) non sono dunque sondate, semplicemente mostrate; va sottolineata anche la cura del registro visivo: nessuna tentazione effettistica, lo sguardo è antiretorico e sempre aderente alla materia. Peccato per le interpretazioni che costituiscono il punto debole evidente di un film più che interessante e che ci restituisce uno spaccato della provincia italiana di appuntita precisione.
