TRAMA
Due agenti della Narcotici di New York scoprono una collaborazione fra la malavita locale e alcuni trafficanti marsigliesi.
RECENSIONI
Uno dei polizieschi più insolenti e devastanti mai realizzati: Friedkin rinvigorisce il genere tramite la galvanizzante secchezza del documentario (le riprese en plein air –quasi nouvelle vague –, l’impiego della macchina a mano) e moltiplica segreti, bugie, travestimenti, doppi sensi, tripli giochi, allusioni, pasticci (e pastiche) linguistici vari. Il manicheismo di guardie e ladri sopravvive soltanto in un’accezione disillusa: da un lato i cattivi che spacciano, dall’altro i cattivi che devono stroncare i cattivi suddetti e sono pronti a tutto pur di riuscire nell’impresa. La struttura sarcastica e musicale (gli inseguimenti e le sparatorie, i divertissement sadomaso nei gabinetti e nelle stanze da letto, i giri in metropolitana… e sotto) copre un reticolo di frodi multiple (il pestaggio parzialmente simulato per proteggere l’informatore, l’imboscata finale) che non può che risolversi in un nulla di fatto solo apparente, dato che, in effetti, tutto è stato fatto: il cattivo (il peggiore, la personificazione di un rimorso represso) è spacciato, gli altri sono liberi di disperdersi in vista delle didascalie finali, ritornando ombre nell’ombra. Immenso il duello (distaccato, fulmineo, western) fra il brutale poliziotto Hackman e il fascinoso borghese Rey, memorabile la scorribanda fra automobile e treno, risolta come un frenetico pezzo di bravura chiuso con chirurgica essenzialità (una pausa, un colpo, una caduta). Il cinismo dolente di un gioco (?) fatale.