TRAMA
La storia d’amore fra una ballerina e un astro nascente della politica newyorkese viene ostacolata da forze misteriose che complottano contro la loro felicità.
RECENSIONI
Per il suo debutto alla regia, il volenteroso George Nolfi adatta la novella Adjustment Team del maestro della fantascienza Philip K. Dick, comparsa nella rivista Orbit Science Fiction nel 1954. Nolfi, che oltre a dirigere il film ne è anche sceneggiatore e produttore, conserva pochi elementi della storia originale, e alleggerisce il tono crepuscolare e paranoico che contraddistingue il lavoro del grande autore, riuscendo nella trasformazione solo in parte. La premessa (ormai alquanto datata e largamente esplorata) della società segreta di esseri superiori che controlla il fato degli uomini facendogli seguire un piano predestinato, non è infatti fra gli elementi più interessanti di The Adjustment Bureau, che soffre anche di una struttura troppo ripetitiva e di una parabola pseudo-religiosa poco convincente. Quello che la rende una pellicola perlomeno intrigante è infatti una combinazione di altri fattori, fra i quali il più sorprendente del film è l’uso che fa dello spazio cittadino; attraverso un dispositivo narrativo anche banale, Nolfi costruisce percorsi alternativi che legano insieme i numerosi gioielli architettonici di New York, creando nuove ed esaltanti possibilità che esplorano i vari livelli dell’urbis, dalle gru del porto di Red Hook, a Brooklyn, alle scalinate marmoree della New York Public Library, dall’isola su cui poggia la Statua della Libertà, alle terrazze in cima al Rockefeller Center. La virtù cinematica di elidere tempi e spazi ridondanti viene spinta all’estremo, evocando ovviamente il meccanismo del montaggio nell’uso che ne fece Lev Kuleshov inventandosi il concetto di geografia creativa.
Questa vorticosa esplorazione del paesaggio urbano si riflette anche nella sorprendentemente matura comprensione del cachè mediatico della città. La campagna elettorale dell'aspirante senatore è seguita infatti dalle principali televisioni locali, con apparizioni di illustri newyorkesi quali il sindaco Michael Bloomberg, il mezzobusto Chuck Scarborough, l'opinionista politico James Carville, e il sagace comico e presentatore Jon Stewart. La Gotham creata da Nolfi funziona quindi su due livelli non interamente distinti, quello televisivo delle personalità contemporanee e riconoscibili che si prestano ad autenticarla attraverso l'uso del cameo, e quello del paesaggio (naturale e artificiale al tempo stesso) intessuto dagli agenti che controllano l'umanità. Buona anche la recitazione di quasi tutti i protagonisti, dalla credibilissima sintonia fra Matt Damon ed Emily Blunt, veramente incantevoli nel loro lungo flirt, fino alla glaciale solennità di Terence Stamp, passando per la performance generosa e ricca di sfumature comiche e minacciose di John Slattery. Stranamente poco convincente invece è Anthony Mackie, qui non alla sua migliore prova.
Il racconto breve “Squadra riparazioni” di Philip K. Dick, molto più paranoico, è modificato (il protagonista, ad esempio, era un agente delle assicurazioni) e trasformato in una sorta di romantic-thriller alla Un Amore all’Improvviso o City of Angels dall’esordiente George Nolfi (sceneggiatore sodale di Matt Damon: Ocean’s Twelve, The Bourne Ultimatum) che, in realtà, muore dalla voglia di riproporre la tipica commedia sentimental/fantasy della Hollywood classica, quella che ha a lungo giocato con Paradiso, amore e seconde possibilità. Infatti, nonostante le apparenze con veste contemporanea (più complicata-tormentata), alla Il Curioso Caso di Benjamin Button o Source Code (coevo, con lo stesso tema dell’amore che sconfigge il destino), siamo di fronte ad una commedia anni trenta, a quell’ingenuità di sentire e messaggi del sottotesto (urlati, velatamente o meno), e ne è la controprova il finale fra dio, angeli e dispaccio all’umanità sul libero arbitrio (appiccicato: un ripensamento degli autori). Un’opera, nonostante tutto, piacevole, emozionante e romantica, che conta sull’alchimia fra i due protagonisti: il fascino seduttivo di Emily Blunt, in particolare, sfoggia un bellissimo personaggio spumeggiante e anticonformista. Nolfi intriga anche con idee fantasy vintage, fra borsalini che fanno attraversare porte dimensionali e mappe del destino, ma la sua scrittura, ammiccante per catturare cuore e attenzioni dello spettatore, finisce per essere troppo semplicistica (del resto, ha firmato anche il temibile Timeline di Richard Donner), tanto ben redatta quanto divulgativa e derivativa.