TRAMA
XV secolo, Highlands scozzesi: McCloud fa parte di una stirpe di immortali che si rincorre per il Mondo e la Storia per decapitarsi a vicenda, in quanto la leggenda recita che ne rimarrà uno solo a godersi il premio. Conosce suo malgrado l’amore e il dolore della Morte quando l’amata invecchia e lui no.
RECENSIONI
Opera meravigliosa, in tutti i sensi, da parte di un regista che ha buttato i propri talenti in una carriera suicida (ricorda il Robert Harmon di The Hitcher): nato in Australia, diventa padre (firmò il primo che passò da MTV, “Video killed the radio star”) e maestro (per stile) dei video musicali in fasce. Erano suoi, ad esempio, i più noti video dei Duran Duran, che univano, come in quest’opera di culto, sapori esotici, racconti avventurosi ed effetti speciali in modo armonioso. Dotatissimo, a livello di immagine evocativa: la sua precedente pellicola Razorback, ad esempio, insignificante a tutti gli altri livelli, denotava un’applicazione maniacale nello studiare e rendere efficace (nel terrorizzare, non per essere solo “d’effetto”) ogni sequenza, fra incredibili movimenti di macchina da presa, inquadrature impossibili, uso di effetti fotografici, scelta delle scenografie, delle luci, di un montaggio iconoclasta. Questo per capire che un’opera di culto, che sopravvive leggendaria come il suo protagonista, non può nascere dal nulla: Mulcahy non bisserà mai nemmeno lontanamente, perché il suo stile figurativo bizzarro ha bisogno di materiale drammaturgico consono. Qui ha trovato il racconto di Gregory Widen: estroso, mitopoietico, rischioso, tenuto magistralmente a galla da una regia che ha, prima di tutto, un profondo senso epico dell’immagine. E ha trovato una colonna sonora dei Queen perfettamente in sintonia con tale racconto, che sottolinea ed esalta tutte le qualità del film (romantiche, eroiche, adrenaliniche, magiche). I miracoli non concedono bis.