TRAMA
Halloween è sempre stata la festa preferita di Douglas Whooly, ma quest’anno andrà ancor meglio, perché si vestirà come il protagonista del suo videogioco preferito, Satan’s Little Helper, il “Piccolo aiutante del Diavolo”. Douggie è eccitato anche perché la sorella maggiore Jenna tornerà dal college, ma l’entusiasmo scema quando con lei arriva il nuovo fidanzato Alex. Douggie vaga deluso per le strade, e s’imbatte in uno psicopatico che indossa una sogghignante maschera satanica. Credendo sia un gioco, si offre come “piccolo aiutante”, e rimane molto contento quando Satana lo accetta con sé…
RECENSIONI
Un gradito ritorno
Un regista di culto e poco prolifico come Jeff Lieberman (autore di film venerati dagli appassionati come "I carnivori venuti dalla savana", "La sindrome del terrore" e "Just before dawn") torna dietro la macchina da presa con un divertente lungometraggio, pensato chissà perché direttamente per l'home video, che sposa l'horror con la commedia degli equivoci. Il protagonista è infatti un ragazzino che la notte di Halloween decide di vestirsi come il suo eroe del momento: il piccolo aiutante di Satana al centro del suo videogioco preferito. Il problema è che incontrerà uno psicopatico mascherato da Satana e diventerà suo complice, confondendo ciò che è reale con ciò che è virtuale. L'abilità di Lieberman, anche sceneggiatore, è nel dare vita a un racconto sopra le righe ma perfettamente plausibile, con personaggi sovraeccitati e un po' suonati che non scadono mai nel grottesco. Le coordinate di base dell'ambientazione restano infatti reali: il sangue resta sangue, la sofferenza non è edulcorata e chi muore, muore per davvero. Il gioco è nell'ironia che permea la vicenda, non nella forzatura dei fatti: eventi devastanti producono conseguenze devastanti. Un po' come in "Scream", ma senza il bagaglio di citazioni che ha fatto la fortuna della trilogia di Wes Craven e Kevin Williamson. Dopo una prima parte spumeggiante e ricca di trovate, anche disturbanti, il racconto rischia di girare un po' a vuoto, ma Lieberman non perde verve e padronanza del mezzo cinematografico. Almeno due le sequenze che entreranno nel mito: un gatto "spremuto" sul muro a mò di gesso per scrivere e una spesa al supermercato che si risolve, proprio come nel videogioco del protagonista, con il bambino gaudente che accumula punti investendo per davvero, con il carrello, vecchi, ciechi e donne incinte. La critica sociale, non protagonista ma sottilmente in evidenza, trova quindi la efficace strada della provocazione e non cede mai al pistolotto morale. Anzi, la vena cattiva permea la pellicola fino alla fine, garantendo il sollazzo e non azzerando l'intelligenza. Il film di Lieberman è stato giustamente premiato al "Ravenna Nightmare Film Fest" con l' "Anello d'oro" per "essere riuscito a conciliare il genere gore con l’ironia, recuperando lo spirito di gioco e di intrattenimento di certi film degli anni ‘80".