Drammatico, Recensione

GLORY (2017)

Titolo OriginaleSlava
NazioneBulgaria/ Grecia
Anno Produzione2016
Durata101'
Fotografia

TRAMA

Un giorno, Tsanko Petrov, addetto alla manutenzione delle linee ferroviarie nella periferia di Sofia, trova qualche migliaio di lev abbandonati fra i binari. Invece di intascarseli, li consegna alla polizia. Durante una cerimonia in suo onore al ministero dei trasporti, Tsanko consegna momentaneamente il suo vecchio orologio Slava, regalo del padre, alla PR Julia Staykova. Rientrare in possesso dell’orologio sarà terribilmente più difficile del previsto.

RECENSIONI

Secondo capitolo della “newspaper-clippings trilogy” dei registi bulgari Kristina Grozeva e Petar Valchanov, Glory recupera lo stile parabolistico, per evidenti contrapposizioni, del precedente The Lesson (2014). Anche in questo caso, un eroe per caso (qui il ferroviere Tsanko, li’ l’insegnante Nadya) persegue indefessamente il proprio obiettivo – recuperare il suo vecchio orologio –, rimanendo tuttavia incastrato fra gli artigli di una società avida e volgare, fino a un parossistico ribaltamento di prospettiva che si attua nella fulminea scena finale. Nutrendosi di quest’idea di fondo, attraverso un intreccio lineare e una messinscena dal sapore dardenniano, il film indaga una serie di temi sociali (corruzione, rapporto pubblico/privato, ruolo della stampa) sullo sfondo di una più ampia riflessione sulla condizione umana nella contemporaneità. Tsanko è un manovale dalle certezze limpide. Straordinariamente naif, vive in modo spartano, soffre di balbuzie, e sa a malapena usare un telefono cellulare. Grozeva e Valchanov ne esasperano i movimenti lenti, i gesti ripetitivi, l’assoluta indifferenza a qualsiasi etichetta o formalità. L’asincronia con il mondo circostante – la PR arrivista, il ministro corrotto, i colleghi disonesti, il giornalista furbo - e’ la cifra di fondo di questo film apologo in cui il personaggio principale suscita un misto di pieta’, rispetto, e dolorosa impotenza. L’orologio del titolo diventa quindi il simbolo dell’incapacita’ di Tsanko, dovuta alla sua umilta’ e superiorita’ morale, di condividere il medesimo tempo, spietato e cinico, dei suoi aguzzini. In una cerimonia pubblica ai limiti del grottesco, Tsanko riceve un orologio nuovo dal ministro. Un orologio che paradossalmente si rivelera’ troppo lento. Dovrebbe essere un premio per il suo gesto disinteressato, cosi’ normale e cosi’ inaspettatto, ma e’ soprattutto un’occasione per lustrare l’appannata reputazione del ministro dei trasporti. Per le foto di rito, Julia Staykova libera il polso di Tsanko dal suo vecchio orologio e finisce per dimenticarsene. In un climax kafkiano che ricorda quello di The Lesson, Tsanko, bistrattato e usato biecamente anche da chi promette di aiutarlo, paghera’ molto caro il tentativo di rientrare in possesso dell’orologio, unico ricordo del padre. Tuttavia, piu’ qui che in The Lesson, la cifra stilistica del film e’ dettata dall’equilibrio fra la tensione realista e un umorismo dal sapore grottesco, volto a mettere alla berlina le contraddizioni evidenti di una societa’ che premia il ferroviere per la sua generosita’ ma si colora di ogni possibile iniquita’. A tratti, come in tutta la sequenza della cerimonia di premiazione, il gioco si fa fin troppo scoperto, come se l’esigenza di mandare un messaggio chiaro, quasi programmatico, togliesse troppo spazio alla sottigliezza espressiva. L’impianto di fondo del film, cosi’ schematico e ostentato, finisce in parte per togliere respiro alla vicenda, paradossalmente riducendone la carica drammatica. Pur tipizzati, i personaggi restano comuque abbastanza credibili. La figura piu’ complessa, e al contempo piu’ respingente, e’ quella della PR Julia Staykova (Margita Gosheva, in un ruolo speculare a quello interpretato in The Lesson), quasi una caricatura della donna emancipata e in carriera. Il focus sulla sua vita privata, e in particolare sulla relazione di coppia con il marito Valeri e sul loro tentativo di concepire un figlio, sembra fatti apposta per creare un contraltare narrativo alla vicenda principale (che va dal ritrovamento delle banconote fra i binari alla punizione esemplare di Tsanko) e fornire spessore emotivo a una figura altrimenti stereotipata. E proprio Valeri, personaggio apparentemente secondario, incarna un altro degli elementi che gia’ attraversavano The Lesson, ovvero quello sguardo umanista, carico di pieta’ e rassegnazione, che nel film precedente animava la protagonista Nadja e che qui e’ relegato sullo sfondo.