Drammatico, Recensione

THE LESSON

Titolo OriginaleUrok
NazioneBulgaria/ Grecia
Anno Produzione2014
Durata105'
Fotografia

TRAMA

Una scuola di provincia in Bulgaria. Un piccolo furto in classe. Nade, insegnante di inglese, vorrebbe dare una lezione di onestà ai propri allievi. Nel frattempo, la sua vita privata va in pezzi.

RECENSIONI

A quali compromessi siamo disposti a cedere? Il lungometraggio d’esordio del duo di registi-sceneggiatori Kristina Grozeva e Petar Valchanov è un nitido apologo morale dal finale amaro. La distanza che corre fra l’assolutezza dell’etica e i complessi intrecci della prassi sta tutta nel volto (quasi) immobile, nei cambiamenti di sguardo impercettibili, di Nadya – che ha studiato (non a caso?) legge ma insegna inglese in una scuola della provincia bulgara. Grozeva e Valchanov tessono una trama che si compone di piccoli indizi e di frammenti apparentemente insignificanti, tessere di un mosaico che trova senso nella scena finale, nel mut(u)o scambio di sguardi fra due individui che finiscono per capirsi più di quanto non vorrebbero. Il realismo della messinscena fa pensare (al solito) ai Dardenne. La dimensione pedagogica, con l’insegnante-maestro di vita, ricorda il Truffaut de Gli anni in Tasca. Onestà e rispetto sono le virtù che Nade – seria, cocciuta, inflessibile – vorrebbe trasmettere ai giovani allievi. Durante la ricreazione, un ragazzino deruba una compagna. L’insegnante ha un compito delicato: spingere il ladruncolo a confessare e amministrare una specie di pubblico perdono, reintegrandolo nella “società”. Il confine fra il giusto e lo sbagliato non può essere che netto. Ma il colpevole non si trova. I tentativi, sempre più ingegnosi, di Nade si rivelano tutti vani. Sono questi frammenti di vita scolastica a scandire i tempi filmici, suddividendo la storia in una serie di macrosequenze – altrettanti passaggi chiave nella vita della donna. Il piccolo, circoscritto, fallimento professionale, i progressi solo apparenti nell’indagine scolastica, si riverberano, amplificandosi, nel saliscendi continuo dell’esistenza privata. Fra un marito inetto e un padre distante, Nade deve salvare la casa dall’esproprio e la famiglia dalla bancarotta, scontrandosi con le storture di una burocrazia dal sapore kafkiano. Il punto di forza di The Lesson sta proprio qui, nell’oscillazione fra micro (la piccola storia privata) e macro (la riflessione sul rapporto fra etica e vita) in un contesto quotidiano ridotto all’essenziale, ove l’insegnante – spesso isolata in campi lunghi o nei primi piani – resta quasi sempre l’unico personaggio in gioco. Nade comunica solo con la madre morta. Tutti gli altri – antagonisti o aiutanti maldestri – sono solo figure sullo sfondo. La madre, vessata dal marito che ora ha una nuova compagna, diventa al tempo stesso punto di riferimento e pietra di paragone cui sottrarsi. Il suo ritratto/lapide ritorna ossessivamente, spesso a confronto con il volto della figlia – un accenno alla condizione di perenne isolamento, abnegazione, e stoica rassegnazione della donna in una società ancora tradizionale. Paradossalmente, saranno proprio il senso di giustizia e l’inflessibilità di fronte al compromesso (l’accordo con l’usuraio, le scuse alla matrigna) che porteranno Nade, per disperazione, a infrangere il sistema di regole che lei stessa è impegnata a sottoscrivere, rimettendo così tutto in gioco.