Horror

DYLAN DOG – IL FILM

Titolo OriginaleDylan Dog: Dead of Night
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2011
Genere
Durata108'
Tratto daispirato alle serie a fumetti ideata da Tiziano Sclavi
Fotografia
Montaggio

TRAMA

Un giovanotto palestrato di nome Dylan Dog si muove in una New Orleans infestata da zombie, licantropi e vampiri in guerra tra loro.

RECENSIONI

 Pellicola a target giovanilistico e basso quoziente intellettivo che cavalca il classico tema zombie e la moda Twilight. Né davvero splatter, né davvero thriller poliziesco, ma molto giocato sul fantastico alla Buffy (senza le buone idee del telefilm), il film si propone in chiave horror-ironico-fintodark, con eroe belloccio dotato di pupa al seguito e amico scemo per il disimpegno. La storia si muove in una New Orleans che nulla aggiunge al film, non giustificando da nessun punto di vista la scelta di una location teoricamente tanto suggestiva. Al pubblico viene offerto quel che il brutto trailer prometteva: una storiella che non avvince mai e stanca subito, sommamente superfua in ogni suo aspetto e vietata ai maggiori di 18 anni. Questo dunque il film, per cui non varrebbe la pena sprecare altre considerazioni e che si dimenticherebbe prima ancora di aver varcato l'uscita del cinema. Se non fosse che la pellicola si intitola proditoriamente "Dylan Dog". E rappresenta quindi - solo in virtù di questo titolo e dell'inconfondibile abbigliamento del protagonista - la prima trasposizione cinematografica di uno dei fumetti italiani più amati di sempre.
Vero è che la Bonelli (la casa editrice che pubblica il fumetto) ha mostrato fin da subito, ed inequivocabilmente, di voler prendere le distanze dal progetto, palesando la propria estraneità con l'assenza sugli albi e sul sito di qualsivoglia riferimento all'uscita della pellicola. Ma era proprio necessario vendere i diritti ad un produttore americano senza alcun controllo almeno sul rispetto fondamentale del personaggio se non sulla qualità del prodotto? Era proprio inevitabile accettare una trasposizione tanto sciatta e mortificante dopo aver rinunciato da anni alla tentazione di una realizzazione italiana? Fortunatamente la Bonelli non ha mai navigato in cattive acque, non doveva quindi abbassarsi a tanto. Che senso ha poi per i produttori americani acquistare un marchio di scarso richiamo sul mercato internazionale per poi discostarsene completamente privando il personaggio di tutti i suoi punti di forza? In Italia, d'altra parte, dove l'Indagatore dell'incubo costituisce un'attrattiva, persino i lettori più giovani non faticheranno a riconoscere in fretta il totale tradimento della serie ed a disertare irritati le sale. Un'operazione insensata, dunque, da tutti i punti di vista, ma prima di tutto degradante per chi l'ha permesso ed offensiva nei confronti di una delle più forti icone degli ultimi decenni. Offensiva perché infierisce snaturando oltre ogni limite un personaggio sensibile ed introverso per antonomasia, costretto a pronunciare frasi come "non servono piani, solo pistole più grosse" (in fondo, basterebbe questo). L'antieroe creato da Tiziano Sclavi negli anni Ottanta, forte delle sue debolezze e paure, autoironico, tormentato e curioso, nel film somiglia più a John Doe (personaggio dei fumetti Aurea Editoriale). Ed è un ricordo anche il lunare e spigoloso Rupert Everett (alle cui fattezze si ispirarono i disegnatori) sostituito da un Superman vitaminizzato ed inespressivo (Brandon Routh, appunto, l'ultimo Superman su grande schermo). Per non parlare poi dei comprimari: Groucho eliminato per diritti troppo costosi, l'ispettore Bloch inesistente. Due personaggi che contribuivano in modo essenziale a definire la vita emotiva ed il carattere di Dylan, oltre che il tono delle sue avventure. Al Superman in rosso e nero non restano che un amico zombie un po' demenziale ed una bella senza sale. Nessuno dica ai geni che hanno portato avanti decine di sceneggiature prima di scegliere questa che Dylan Dog non è un horror per adolescenti ma un fumetto che, pur con alti e bassi, ha saputo intrattenere anche gli adulti e, soprattutto, attraversare i generi (fantascienza, horror, poliziesco, onirico, impegno sociale, sentimentale, giallo, mistery, fantasy...). Ma il dubbio non li sfiorerà, visto che evidentemente non hanno mai letto un solo albo di Dylan Dog. Per chi ignora il vero Dylan Dog questo è un filmetto noioso, per gli altri, un incubo (Giuda ballerino!).

La serie “Supernatural”, a confronto, è un capolavoro: l’immaginario di Tiziano Sclavi (citato insieme all’editore Bonelli), inventore del fumetto, è meraviglioso di per sé, pronto all’uso senza modifiche. Gli statunitensi, invece, lo reinventano per renderlo più banale e alla moda, lasciando invariati solo i segni esteriori del fumetto e perdendo la buona occasione di portare al cinema, con i mezzi di cui dispongono, un personaggio formidabile. Non sono tanto i tradimenti filologici a lasciare contrariati (scompare Groucho Marx per una questione di diritti, New Orleans al posto di Londra), è l’impalcatura che fa di tutto, inspiegabilmente, per rendere stereotipato quello che non lo era: gli sceneggiatori immaginano un indagatore dell’incubo ex-moderatore nella guerra fra licantropi e vampiri (che novità!), alle prese con un’investigazione da noir (Io narrante) poco originale che riserva, nel finale, l’usurato scontro con il mostro. In mancanza di idee, per non essere così insulsi, bastava comprare i diritti di una qualsiasi delle storie scritte di proprio pugno da Sclavi: invece, si preferisce affidarsi a continui combattimenti dove la figura di Dylan diventa ridicola, per quanto di gomma ed indistruttibile. Se l’idea di sostituire Groucho con uno zombi altrettanto comico non era male, è deleterio avergli cucito addosso il consueto, insopportabile carattere da spalla isterica, ciarliera e idiota. L’errore più grande, però, di cui evidentemente nessuno degli autori s’avvede, è stato snaturare il Dylan Dog di originale, figura carismatica dotata di humour inglese che affronta, tuttavia, un orrore spaventoso: il film ribalta tutto, demone finale escluso (che muore dopo due secondi!), facendo dei mostri delle macchiette, guardando a Men in Black (con le “creature” nascoste) o TMNT (precedente pellicola del regista canadese), mentre l’eroe agisce meccanicamente, senza appeal alcuno (ne è senz’altro privo, di suo, Brandon Routh). Meglio rivedere Dellamorte Dellamore.