TRAMA
Molti anni fa, Linda ha lasciato la famiglia per inseguire un sogno. Ora è costretta a tornare.
RECENSIONI
Sotto le spoglie della commedia familiare scandita da musiche rock vintage, il nuovo film di Jonathan Demme alberga una disperazione non riconciliata e per la quale non è possibile riconciliazione di sorta. Linda/Ricki, mamma rinunciataria e diva mancata (o forse è vero il contrario?), torna nella vita dei suoi (ex) cari come un'ospite (in)opportunamente aliena, capace di calamitarne l'attenzione (e il risentimento) senza sostituirsi a Maureen [ossia Mo(m)], che il regista saggiamente non relega al ruolo di matrigna 'cattiva', ma dipinge come l'autentica madre vicaria dei maturi ragazzi in crisi (nonché del marito, vittima di un ritorno di fiamma che è, soprattutto, l'effetto collaterale di una fumata 'terapeutica'). L'incontro/scontro con la mancata suicida Julie, il 'bisessuale simulato' Adam e Josh (prossimo sposo all'insaputa di mamma) non muta equilibri e scelte di vita, esaspera le tensioni e a volte (ma solo provvisoriamente) le disinnesca, consente a Ricki di ritagliarsi un suo spazio, mentre per Linda la partita genitoriale è definitivamente persa per abbandono di campo. Il tutto mentre il tempo, lungi dal cristallizzarsi nell'eterno immobilismo dei 'valori' (quelli borghesi e quelli 'rock' risultando perfettamente sovrapponibili, come dimostrano le passioni repubblicane di Ricki e come ribadisce l'ecumenico finale), scivola inesorabilmente in avanti, rivelando le rughe, i capelli grigi, le smagliature, la demenza senile (e giovanile) sotto la patina glam-ecologica di un mondo così perfettamente finto (e viceversa) da inglobare amorevolmente la propria caricatura (le 'aperture' del gruppo di Ricki verso la musica di tendenza). Demme asseconda la giustamente schematica sceneggiatura di Diablo Cody con una narrazione piana ma tutt'altro che piatta, indulgendo a quadri 'di colore' che colgono più di mille parole l'atmosfera delle singole scene (Ricki che esplora la casa dell'ex marito), affidando a inaspettati e apparentemente caotici movimenti di macchina (la prima apparizione di Julie) il compito di sottolineare i momenti clou del racconto, distillando da un cast superiore a ogni elogio (menzione d'onore a Mamie Gummer, anche per il masochismo di avere accettato una parte del genere) una recitazione sottotono, compressa, livida, che solo nell'ingannevole (e spudoratamente 'finto') epilogo in musica esplode in tutta la sua tragica gioia.