TRAMA
Ovvero, la vera storia di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia raccontata dagli autori di Totò che visse due volte.
RECENSIONI
L'operazione di recupero e sistemazione dell'immenso repertorio francocicciano è indubbiamente degna di lode: coloro che ebbero delle doti attoriali non comuni (si ricordino, ovviamente, Amarcord e Cosa sono le nuvole?) e produssero dei gag non sempre triviali, che di sicuro non furono dei Laurel and Hardy ma nemmeno dei Boldi e De Sica o dei Fichi d'India, meritavano questo lavoro di corretta ricostruzione biografica, un doveroso omaggio che, per fortuna, non scade mai nell'agiografia, restando a sospeso mezz'aria tra l'elegiaco/nostalgico e il didattico. Con la sottile ironia che contraddistingue da sempre il loro lavoro di 'divulgatori' (si riveda, a titolo d'esempio, l'irresistibile Castagna, sull'ambiguo uomo d'affari e di cinema siciliano), gli autori mescolano materiale di repertorio ritrovato tra le pile occultate dalla polvere negli archivi RAI - grazie al prezioso aiuto di colui che, oggi, nel mondo del cinema, può a ragione essere considerato il numero uno nel ritrovamento di materiali rari e preziosi dello spettacolo italiano di ieri (Tatti Sanguinetti) - a sketch à la manière de F&C, siparietti alla Cinico tv ad interviste a personalità del mondo del cinema e dello spettacolo (tra gli altri, un gigioneggiante Baudo, un Bertulucci già sentito, un Buzzanca che sarebbe meglio non sentire mai, Banfi, figli, parenti ed affini dei due comici) e a contributi 'storici' dello zelante critico siciliano già incontrato e sfottuto nel Ritorno di Cagliostro e di un critico 'giovane' che, facendo proprio lo slogan infantile e marcogiustiano Rivalutiamo l'irrivalutabile!, sembra sintetizzare le infauste tendenze dominanti in certa pseudocritica italiana (quella che, per il sottoscritto, vuole soltanto farsi e fare del male). Sebbene sia meno originale nella struttura e meno divertente nelle situazioni comiche di quanto ci si potesse aspettare (alcuni sketch del duo comico, specie televisivi, sono, però, esilaranti), possiede una leggerezza di tocco rara e, in filigrana, questa rievocazione/riesumazione del passato, dei passati, pare figlia della consapevolezza che quel mondo, quella genuina 'popolarità' siano davvero irrimediabilmente andati perduti, spazzati via dall'omologazione 'verso il basso', un basso che si crede, o fa credere di essere, alto, della nostrana T(rash)V.
In tempi di rivalutazione dissennata in cui tutto cio' che non e' contemporaneo gode di un vago sapore retro' spacciato, in molti casi inspiegabilmente, per talento artistico, ad essere recuperati sono questa volta Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, due pilastri della comicita' nazional popolare. Per fortuna il riuscito documentario di Daniele Cipri' e Franco Maresco non si limita a celebrare la superficie del mito, ma si preoccupa, con ironia e affetto, di omaggiarlo, mettendolo anche in discussione. Il film ripercorre la vita del talentuoso duo: la fatica degli inizi, il fatale incontro sotto l'egida di Domenico Modugno, la prolifica carriera cinematografica degli anni sessanta (anche tredici film in un anno), le ripetute liti e riconciliazioni, la voglia di sperimentazione di Ciccio, la minor ambizione artistica di Franco, fino al risucchio della televisione, inglorioso capolinea, tra lustrini e paillettes, di una carriera che ne ha fatto due paladini del pubblico, soprattutto infantile. Non manca un accenno all'accusa di connivenza con la mafia a Franco Franchi, costretto, ormai malato, a tornare sotto i riflettori per smentire qualsiasi legame illecito. Il documentario alterna spezzoni di film, siparietti televisivi e interviste a parenti e personaggi dello spettacolo, in piu' aggiunge un paio di esilaranti gag nuove di zecca che portano il marchio di fabbrica di Cipri' e Maresco (bianco e nero abbinato allo spiccato gusto per l'orrido in chiave nonsense). A completare il quadro anche gli ironici commenti critici di Gregorio Napoli e del giovane, e perennemente stroncato, recensore in erba, tale Francesco Puma. Nell'interesse con cui si riscopre una pagina di costume italiano sorge spontanea una domanda: succedera' la stessa cosa ai Fichi d'India tra una trentina d'anni?