Recensione, Thriller

BUG

NazioneU.S.A.
Anno Produzione2006
Genere
Durata102’
Sceneggiatura

TRAMA

Agnes alloggia sola in un motel, traumatizzata dalla scomparsa del figlio e preoccupata per la possibile ricomparsa dell’ex marito, un uomo violento da poco tornato in libertà vigilata. Quando nel motel arriva il giovane Peter, un reduce dalla guerra del golfo, per Agnes le cose sembrano cambiare, ma presto l’uomo, inizialmente rassicurante, comincia a manifestare un’ossessione per gli insetti che finisce per risucchiare Agnes in un universo di terrore.

RECENSIONI

Gli Abissi del Delirio

È la paranoia a far crollare il fragile mondo dei due protagonisti dell'ultima fatica di William Friedkin. Uno stato mentale fondato su un'idea di continua persecuzione, come se ogni gesto sottintendesse un complotto. Agnes vive da sola in un motel perso nel nulla, come ci mostra la spettacolare panoramica aerea con cui si apre il lungometraggio (una delle poche concessioni all'esterno), e Peter è un reduce, apparentemente pacato, della Guerra del Golfo. L'incontro casuale tra le due solitudini sembra potere riscaldare cuori raggelati da una vita ingrata, ma è solo l'illusione di un attimo. Neanche tanto gradualmente, infatti, la malata convinzione di Peter di essere oggetto di esperimenti militari finirà per scatenare una follia contagiosa e distruttiva. Il punto di partenza è un insetto trovato nel letto. L'idea di un delirio da camera dove l'incubo scaturisce dalle innumerevoli, e non sempre sigillate a dovere, porte della mente, in sé non è male, ma lo stile viscerale di Friedkin, abituato a districarsi tra Bene e Male ("L'esorcista", ma non solo) non riesce a far dimenticare l'origine teatrale del soggetto (l'omonimo "Bug" di Tracey Letts). Dopo una prima parte fin troppo preparatoria ma compatta, infatti, la paranoia si concretizza in un truce, e trito, dramma sovraeccitato, didascalico e privo di sfumature. Non aiutano le scenografie. Puzza infatti palesemente di set la casa ricoperta da carta argentata in cui si consuma la tragedia finale. Ad appesantire le implicazioni della vicenda è l'assenza di interrogativi con cui i fatti vengono esposti allo spettatore, che si trova alle prese con i deliri di due borderline senza che mai un dubbio, un'ipotesi, un cambio di registro, rimettano in gioco i fatti, cercando di suggerire un punto di vista piuttosto che scolpirlo a suon di urla. Sì, alla resa dei conti non è del tutto chiaro ciò che è reale e ciò che invece è il parto di menti squilibrate, ma eventuali fraintendimenti non cambierebbero la sostanza del film, incentrato unicamente sulla messa in scena di un'ossessione. Adeguata allo stile concitato della narrazione la recitazione dei due protagonisti, Ashley Judd e Michael Shannon, che fanno del loro meglio ma finiscono per soccombere a due personaggi affamati esclusivamente di scene madri.