
TRAMA
Lo sceriffo Mike Blueberry, traumatizzato dalla morte di una prostituta che amava in gioventù, rincontra l’uomo che ne causò la morte e che ora è alla ricerca dei poteri magici degli sciamani.
RECENSIONI
Coproduzione Francia-Messico-Gran Bretagna per l’adattamento del fumetto di culto (due albi: “La miniera del tedesco” e “Il fantasma dai proiettili d’oro”) di Michel Charlier e Jean Giraud “Moebius”. Insolitamente accademico, Jan-Dobermann-Kounen rievoca tutta l’iconografia western e racconta, in flashback, una caccia al tesoro con vendette e rimozioni mentali, sciamani (veri: Kestenbetsa) e bianchi avidi, che staziona purtroppo piatta, non fosse per le alte aspettative che genera con alcune premesse. Si vola alto quando Kounen fa l’aquila fra gli splendidi scenari naturali, ci si occlude lo spirito nei corpi di questi personaggi carichi di ricercata bidimensionalità: il risultato delle due esigenze dell’opera è una lacerazione che lascia irrisolte entrambe. Manca un punto di vista (estetico e drammaturgico) che dia senso ad immagini epiche senza solennità, a dettagli seminati e mai raccolti, a sequenze abbandonate a se stesse, disarmoniche già in sede di sceneggiatura, lisergiche più per nonsense che per talento creativo (quale allegoria si nasconde nella gara di richiamo dell’aquila? Perché s’insiste ad inquadrare il crocefisso al collo di Blueberry? In che modo si chiude il cerchio nel finale?). Ad un certo punto partono le allucinazioni e l’anomalo, se non altro curioso western va in soggettiva drogata: il duello finale nell’Altro Mondo (con due colpi di scena: uno svela il trauma, l’altro, continuando anche dopo i titoli di coda, insinua che siano tutti morti) dura minuti fitti, ma si compone di soli invadenti e poco sorprendenti effetti digitali, per altro discutibili nelle scelte grafiche (le geometrie che vorrebbero richiamare antichi segni assomigliano a microchip e congegni meccanici, quanto mai fuori luogo). Poi tocca sorbirsi Juliette Lewis che canta stonata: senza carattere come il film.
