Drammatico

BELLA DI GIORNO

Titolo OriginaleBelle de jour
NazioneFrancia
Anno Produzione1967
Durata100'

TRAMA

Borghese, frigida con il marito, decide di fare la prostituta in una casa di appuntamenti con il nome d’arte “Bella di giorno”, per dare sfogo alle proprie fantasie sessuali.

RECENSIONI

Leone d’Oro a Venezia per questo graffiante e scandaloso (problemi di censura in ogni dove) ritratto femminile, dove Bunuel inaugura la collaborazione con la caustica penna di Jean-Claude Carriere (che adatta un romanzo di Joseph Kessel poco amato dal regista), viene riscoperto dal grande pubblico e (sor)ride sopra il soggetto che critica aspramente, arrivando a confondere sogno e realtà attraverso la chiave dell’assurdo che, grottescamente, li accomuna (memorabile, in tal senso, l’episodio del conte necrofilo). Catherine Deneuve, scelta dal regista dopo la visione del Repulsione di Polanski, ha il volto perfetto, da bambola inespressiva/inquietante, per impersonare una donna che scinde l’amore dal piacere e riesce ad avere rapporti sessuali solo se maltrattata: non sarebbe Bunuel se non ci fosse una profonda ambiguità di sguardo fra la denuncia della condizione femminile nell’opprimente e conformista società borghese e denigrazione di un essere capace di “esistere” e “liberarsi” solo attraverso la violenza. È impossibile, anche, stabilire se la protagonista stia compiendo un percorso liberatorio, evolutivo o se si stia solo dimenando, invischiata nello squallore generale. La matrice del capolavoro sta proprio nell’apologo al contempo compiuto ed aperto. Un quadro spassosamente sconfortante dove nessuno si salva, neanche il personaggio “aperto” di Michel Piccoli che si rivela ipocrita (lo eccita solo la virtù di lei) o “Bella di giorno”, vittima e colpevole allo stesso tempo (il marito paralizzato: espiazione o premio? Ora lo ha tutto per sé, finiscono le fantasie erotiche generate dall’insicurezza). Sbalorditivo, nel suo sarcasmo senza pudori, l’elenco delle perversioni dei clienti della casa d’appuntamenti (il grasso giapponese con la mosca, il ginecologo masochista…), potenzialmente sposati con donne altrettanto frigide (un assurdo circolo vizioso), ma non sono da meno i sogni erotici in cui Catherine Deneuve immagina di essere chiamata cagna, di essere ricoperta di letame, frustata e violentata da alcuni cocchieri. Anche la religione cattolica si prende il suo avere, con la più bella battuta del film, “Nei bar non ci si annoia mai, non è come in chiesa che resti solo con l’anima tua”. Solo un DVD del 2000 ha ripristinato i tagli di censura della versione italiana (un nudo sotto velo della Deneuve e l’episodio pedofilo).