A 78-AS SZENT JOHANNÁJA

Anno Produzione2003

TRAMA

Un tremendo incidente stradale in cui è coinvolto un autobus. I feriti sono trasportati al pronto soccorso. Molti, fra cui una giovane donna, muoiono. Ma…

RECENSIONI

Dolente Immagine

Un incipit folgorante (la luce livida dell’alba rischiara a malapena i corpi martoriati, su cui la macchina da presa scivola in silenzio, mentre i lividi e il sangue raggrumato perdono ogni connotazione naturalistica per farsi semplici e dolorosissime chiazze di colore su uno schermo di ghiaccio) introduce la performance di una breve (20 minuti scarsi) opera di Zsófia Tallér (libretto del regista, Viktória Petrányi e Sándor Zsótér) che rielabora (rispettandone la sostanza e a tratti anche la forma) la Giovanna D’Arco di Temistocle Solera e Giuseppe Verdi. La (ex) pulzella d’Orléans, sospesa fra vita e morte, è vittima sacrificale del (proprio) destino, interprete conscia della simulazione in cui vive, fantasma pronto a sconfiggere le tentazioni infernali (perch)e(’) mondane (il coro degli attori-spettri, perfetto equivalente degli ensemble demoniaci nell’opera verdiana, e l’asfissiante figura del regista-tiranno, chiaro doppio del re di Francia) per abbandonarsi completamente al sogno della propria rigenerazione, in un cielo azzurro che rende ogni elemento spazio/temporale (corpo compreso) un peso nocivo all’estasi meravigliosamente sconsiderata dell’eroina. Da un punto di vista musicale i momenti da ricordare sono l’assolo di Giovanna (un’invocazione serena e disperata alla madre) e i battibecchi dei freak (un abile mélange di canto, recitazione e Sprechgesang su un indiavolato ostinato dell’orchestra). Kornél Mundruczó pedina con dolce ossessività la primadonna (la delicata e terribile Orsolya Tóth), crea una messinscena distaccata e fremente in cui s’innestano dissacranti iniezioni oniriche (il cavalluccio nella morgue, la rimozione delle ferite), conferma e consolida il talento mostrato in SZÉP NAPOK – PLEASANT DAYS (Pardo d’Argento al Festival di Locarno nel 2002): il carattere violentemente astratto e l’assoluta brevità dell’opera impediscono le cadute televisive riscontrate nel lavoro precedente. Oscuro, sghembo, ingenuo, (pre)potente. Difettoso? Indubbiamente. Ma ne vorremmo di più.