TRAMA
Julian ha il cancro ma rifiuta le cure. Tomas, suo amico di vecchia data, ora residente in Canada, attraversa l’oceano per fargli visita e convincerlo a non mollare. Accompagnati da Truman, il fedele cane di Julian, i due trascorreranno assieme alcuni giorni indimenticabili. Forse gli ultimi.
RECENSIONI
Il cinema di Cesc Gay latita dagli schermi italiani dal lontano 2001, anno di Krampack, delicato e convincente coming-of-age a tinte omoerotiche. Scomparirà poi dalle vie del nostro circuito distributivo con le opere seguenti, spesso rilegate ai soli mercati di lingua spagnola. Torna così fra noi a distanza di 15 anni con Truman, osannatissimo in Patria: premio ai migliori attori al festival di San Sebastian e cinque premi Goya (miglior film, regista, attore protagonista, attore non protagonista, sceneggiatura).
Truman parte da uno spunto interessante: riflettere sul libero arbitrio in relazione alla malattia, da una prospettiva emotiva (ma) maschile. Il problema, però, è che tutto risulta così scritto e studiato a tavolino che il meccanismo si ingolfa fin dalle prime battute, appesantendosi in una pletora di occhi costantemente rigonfi di lacrime. È il classico film pensato per commuovere, dunque decisamente più commosso che commovente. Si ripromette continuamente venature da commedia con l’obiettivo di forzare sorrisi dolceamari, ma è proprio la mancanza pressoché totale di ironia il difetto più grave di un film che si prende davvero troppo sul serio. E ogni mezza battuta rimbomba pesante come la caduta di un inutile macigno.
Questa volontà di sentenziare sulla vita e commuovere a tutti i costi sbilancia, di conseguenza, anche il baricentro della struttura narrativa del film. È così che, per esempio, il cane del titolo rimane un personaggio di terza fila. I due amici intraprendono un percorso fra potenziali famiglie adottive disposte ad occuparsi di lui dopo la dipartita del padrone – idea che poteva anche essere interessante, ma finisce per essere solo parzialmente intrapresa. Si preferisce infatti affastellare una serie di scenette ed incontri, inclusa una gita ad Amsterdam per un addio ideale al figlio del prossimo defunto.
Un cinema grigio e annoiante, che non riesce ad essere salvato neppure dai pur bravi interpreti.