TRAMA
Una donna con la passione dei galeotti, una giornalista disposta a tutto per una storia…
RECENSIONI
Con The Paperboy, presentato in concorso al Festival di Cannes 2012, parobola sulla perdita di innocenza che si sgrana e si converte in noir, tratta dal romanzo di Pete Dexter (che aveva inizialmente interessato Almodovar), il regista, già autore del sopravvalutato Precious, ribadisce la sua predilezione per un'estetica vagamente trashy, in cui un Brutto imperioso e dilagante si traduce in un registro visivo vintage, in odor di Polaroid, ricercato e citazionista, che fa eco a una storia che si dipana tra personaggi estremi in ogni espressione, consegnati a una dialogistica artefatta e paraletteraria. Tutto il film, dunque, trasuda marciume artificioso, con inquadrature coerenti da cinema di serie B, ricorso a chiassosi split-screen, scomposto uso della macchina a mano, composizione dei quadri sopra le righe (c'è persino un'inquadratura ad altezza seno), ma talmente innocui da non essere mai realmente compenetrati nello spirito che si intende evocare (più che ai maestri del trash - comunque palesemente richiamati - il film rimanda al Gus Van Sant più eccentrico), suonando sempre troppo ragionati per essere davvero persuasivi o sanamente disturbanti: la provocazione dello spettatore è talmente cercata, così goffamente perseguita da rivelarsi loffia (del resto la scurrilità programmata è una contraddizione in termini).
La storia di questa ossessione, che passa da passione a morte, punteggiata da fantasie erotiche e rievocazione di immaginari pruriginosi d'antan, si trascina stancamente puntando solo sulla sua sofisticata sciattezza e sulla tendenziosa trattazione di temi caldi - sesso, razza, violenza omicida - e su un uso del corpo attoriale in chiave palesemente dissacratoria. Così l'immagine degli interpreti viene plasmata da questa logica attentatrice e diviene il centro di un'operazione di scientifici oltraggi e deturpazioni: Zac Efron, idolo delle adolescenti, spesso in slip (a sottolinearne l'essenza di sex symbol), viene sfigurato da una medusa (e Kidman piscia sopra il suo volto per attenuare l'effetto irritante); Matthew McConaughey ostenta un corpo statuario, pieno di cicatrici, poi fatto oggetto di efferata violenza; Nicole Kidman, con trucco aggressivo, è una bomba sexy destinata ad essere orrendamente sgozzata; John Cusack, infine, è trasformato in un maniaco ripugnante.
L'aspetto migliore è proprio quello attoriale, il regista potendo contare su interpreti molto disponibili a mettersi in gioco, emergendo McCounaghey e, soprattutto, Nicole Kidman, attrice sempre coraggiosa, qui vero perno della faccenda, reggendola con una interpretazione di stupefacente adesione.