Horror, Thriller

THE MOTHMAN PROPHECIES

Titolo OriginaleThe Mothman Prophecies
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2002
Durata119'
Sceneggiatura
Tratto dadall'omonimo romanzo di John Keel
Fotografia
Montaggio
Scenografia
Musiche

TRAMA

Un giornalista si trova coinvolto nelle strane visioni che colpiscono gli abitanti di una tranquilla città del West Virginia. Una sorta di uomo-falena incute terrore nella popolazione.

RECENSIONI

Per circa un anno, a partire dal 1966, alcuni abitanti del piccolo paese di Point Pleasant, nel cuore della Virginia, furono vittime di strane premonizioni/allucinazioni e testimoni dell'avvistamento di un uomo-falena alto circa due metri, con ampie ali ed occhi di fuoco. Non semplice trarre un film dall'episodio, ancora irrisolto, forse piu' facile utilizzarlo come ispirazione per una puntata di "X-Files". Invece Mark Pellington, dopo il teso e riuscito "Arlington road", ci prova, con risultati discontinui. La regia avvolge i personaggi alternando morbidi movimenti della m.d.p. con brusche sterzate che permettono il coinvolgimento, perlomeno visivo.
L'impaginazione e' molto elegante e la fotografia sfrutta al meglio il rigido clima invernale, creando un'atmosfera cupa. Credibile anche l'interpretazione di Richard Gere, meno divo e piu' vulnerabile (nonostante qualche strizzatina di occhi un po' di maniera), e della brava Laura Linney, poliziotta di provincia a rischio solitudine. Quello che manca, pero', e fondamentale dato il soggetto misterioso, e' un po' di sana inquietudine. La colpa e' soprattutto della sceneggiatura, che crea premesse interessanti ma, o non le risolve, oppure sceglie la strada dell'ovvieta'. Stimolante, ad esempio, pur nella sua non originalita', il confronto tra un forestiero e il microcosmo di un paese, ma lo script non sfrutta le possibili complicita' sotterranee, lasciando interagire il protagonista solo con un cittadino (personaggio, tra l'altro, che non suscita il minimo interesse) e pochi altri. Tant'e' che quando, verso la fine, la poliziotta chiama al telefono Richard Gere dicendogli "Tutti ti stiamo aspettando!", piu' di una voce si e' levata dalla sala cinematografica dicendo "Tutti chi?"
Becera la solita voce dai bassi amplificati che echeggia al telefono impersonando l'entita' misteriosa e davvero appiccicata e caricaturale la figura del trito espertone del soprannaturale. Discutibile, invece, la scelta di non mostrare mai nulla delle visioni che suscitano il terrore negli abitanti di Point Pleasant. Se, infatti, e' apprezzabile il tentativo di evocare la paura, lasciando spazio all'immaginazione dello spettatore (suggestiva la soggettiva del mostro che fissa una donna alla finestra), i tanti flash orrorifici, anticipati da un rosso pulsante, dopo un po' non provocano alcun sussulto. Si sente la mancanza di qualcosa di concreto, di un pericolo imminente. Forse sarebbe bastato un dettaglio a cui aggrapparsi, oppure un approccio meno onirico e piu' viscerale in grado di fare uscire allo scoperto paure ancestrali che, invece, restano sopite in un cieco torpore.

Mark Pellington replica il clima di sospetto e tensione del suo Arlington Road, ricamandolo in un talento estetico abile nel rendere espressivi gli espedienti da video musicale: montaggio, movimenti della macchina da presa, gli amati plongée, accompagnamento di musiche elettroniche d’atmosfera, efficaci effetti visivi e sonori. Il giallo, pur indugiando nel sentimentale (il legame con l’amata) ed esistenziale (scegliere la vita o le prove della sua distruzione), prende pieghe orrorifiche: l’uomo falena, simbolo della psiche (entità che varia a seconda della percezione individuale), è una sorta di vampiro con fattezze da pipistrello, un segnalatore di disastri (il film è anche catastrofico). Il mistero, sempre più soprannaturale, cattura l’attenzione perché non si esaurisce nella presenza o meno del mostro, ma sconfina in sogni premonitori enigmatici: Pellington, purtroppo, non è raffinato come il miglior Shyamalan, non sa giocare con feconde ambiguità (la visione del mostro è figlia del tumore? Una fissazione del protagonista per esorcizzare la perdita dell’amata? Il personaggio di Alan Bates è solo un folle?). Il racconto di Richard Hatem, che prende le mosse da fatti “realmente accaduti” a Point Pleasant in West Virginia e dal romanzo di John Keel, è comunque intrigante e inventivo, sarebbe stato perfetto per le corde di John Carpenter: ci sono incongruenze (Gere che sceglie di vivere ma si reca comunque nella città del disastro: la drammaturgia dimentica di dire che, magari, pensa che la vita della poliziotta sia in pericolo) ma chiude bene il finale emblematico-romantico (persa una vita, forse a causa di Mothman; data una vita, forse a causa di Mothman).