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- Unkle
TRAMA
Dopo un difficile divorzio, Mary Kee si trasferisce in un nuovo appartamento. Ben presto la donna comincia ad essere tormentata da una serie di telefonate sinistre da parte di una misteriosa donna chiamata Rose. Quando la sconosciuta rivela che chiama dal passato, Mary cerca di interrompere il contatto. Ma a Rose non piace essere ignorata, e cercherà vendetta in un modo unico e terrificante …
RECENSIONI
Uno dei punti fermi del perturbante è la supposizione di mondi paralleli, apparentemente distanti e inconciliabili, alla resa dei fotogrammi molto più vicini di quel che si crede. Succede in The Caller, ordinario, ma non per questo disprezzabile, horror soprannaturale in cui una ragazza fresca di divorzio si trova a ricevere misteriose telefonate da una donna proveniente dal passato. Il soggetto attinge a Frequency – il futuro è in ascolto, sostituendo la radio con il telefono, ma tutto il film pare per lo più derivativo di molteplici horror e affini.
Il must di partenza è la persona lucida e volitiva, provata dalla vita ma coraggiosa, che si ritrova da sola. Tutti la ritengono pazza, o comunque psicologicamente instabile, nessuno quindi le crede e il Male ha modo di avanzare. Un ruolo del genere, seguendo retaggi maschilisti, di solito spetta a una donna e ogni attrice, nel cammino verso la celebrità, pare dover vantare almeno un horror nel suo curriculum. Costruito per Brittany Murphy, poi prematuramente scomparsa, il film è ricaduto sulle spalle della quasi famosa Rachelle Lefavre, nota soprattutto al pubblico adolescenziale per avere interpretato la vampira Victoria nei primi due capitoli della saga Twilight.
L’attrice canadese si cala dignitosamente nella parte e costruisce un’eroina un po’ sgualcita alle prese con una nuova vita (si è appena trasferita causa difficile divorzio) dalle premesse non proprio rassicuranti. Se la progressione funziona, grazie a una regia che dosa con mestiere tensione e colpi di scena, a scricchiolare è ogni tanto la sceneggiatura. A difettare è più che altro la coerenza. Vada per atti compiuti nel passato che producono i loro effetti nel presente, ma non si capisce come e perché nella conclusione la donna proveniente dagli anni Settanta smetta di essere entità solo sonora ed evolva in forma umana. Poco centrate anche le figure di contorno. L’ex-marito è quasi una caricatura, sia nella violenza gratuita che nelle apparizioni improvvise, e non si crede nemmeno per un momento che i due possano mai essere stati insieme.
Così come appare appiccicato il nuovo amore conosciuto a causa di un equivoco all’Università. Se il primo incontro ha una certa freschezza, nel prosieguo le coincidenze si sprecano e l’attaccamento tra i due mostra tutta la sua artificiosità. Non casuale, probabilmente, anche la scelta dell’attore, il televisivo Stephen Moyer, vampiro pure lui nella popolare serie televisiva statunitense “True Blood”. Più interessante il legame al femminile che si stabilisce tra le due donne nelle tante conversazioni telefoniche che divengono parte integrante della narrazione. Una complicità che raggiunge un labile punto di intesa per poi sfociare rapidamente in antagonismo e che forse avrebbe necessitato di un maggiore approfondimento per lasciare davvero il segno. Invece le presunte esigenze horror prendono il sopravvento e il film, pur con professionalità e senso del ritmo, vira presto dalle parti del prevedibile.
