TRAMA
Un uomo anonimo diventa improvvisamente famoso, senza sapere perché.
RECENSIONI
Molto corteggiato in patria, dove ha partecipato più volte al festival di Cannes (cominciando con la Palma d’Oro per il miglior cortometraggio nel 1998), il giovane parigino Xavier Giannoli affronta un tema contemporaneo e non certo nuovo: il potere dei media. Per restare al 2012, l’episodio di To Rome With Love con Roberto Benigni aveva dinamiche molto simili (e pare che Giannoli avesse discusso del suo progetto proprio con l’agente di Woody Allen prima che venissero realizzati entrambi i film). Ipotesi di plagio a parte, anche capziose vista l’origine letteraria (il romanzo “L’idole” di Serge Joncour del 2005), basta che una mattina un uomo qualunque, “banale” per usare una terminologia che causa dibattito nel film (chiunque se non è qualcuno viene considerato “banale” dal sentire comune), venga fotografato in metropolitana perché tutti si accorgano di lui.
Un malinteso, un errore, uno scambio di persona, qualunque sia l’origine la follia collettiva produce la sua vittima sacrificale: un signor nessuno che in poche ore diventa l’uomo più ricercato di Francia, coccolato dalle televisioni, pedinato dai giornalisti, inseguito dalla folla. E più lui dichiara di non volere avere nulla a che fare con tale circo massmediatico, maggiore è la brama che lo circonda. Fino a quando, così come assurdamente la popolarità era nata, altrettanto assurdamente scompare, anzi, al suo posto subentra un odio sempre più feroce che porta il signor “nessuno”, diventato inspiegabilmente e suo malgrado “qualcuno”, a doversi ulteriormente difendere. L’opera di Giannoli cerca il realismo e costruisce in modo credibile la prima buffa, poi beffarda, infine angosciante, esperienza del protagonista. L’isteria enfatizzata dai media è descritta con meticolosità, tutti i canali comunicativi vengono sondati per spiegare l’insensatezza del fenomeno e la progressione narrativa raggiunge in breve il suo apice.
Dopo avere impostato le premesse, però, la sceneggiatura sembra non saper bene dove andare a parare e aggiunge, a un soggetto che poteva riempire al massimo un mediometraggio, i destini di altri personaggi gravitanti intorno al mondo della televisione (produttori, creativi, presentatori). Personaggi a cui non ci si riesce ad affezionare e le cui vicissitudini paiono più un riempitivo che una necessità. Si finisce così per disperdere le potenzialità del racconto incanalando la storia verso il sentimentale, fino a un epilogo decisamente sottotono. Derive narrative a parte, lo stritolamento dei mezzi di comunicazione, pur restando in superficie, ha un ritmo serrato, intrattiene e gode di un protagonista, Kad Merad, che ha il perfetto phisique du role. L’unico momento davvero esilarante, però, è l’urlo di disperazione in diretta tv che diventa modello da imitare e nuovo tormentone, efficace sintesi dell’inarrestabile contagio indotto e alimentato dai media.
