TRAMA
Il trentacinquenne Stoker è un pugile in declino ma ha un incontro in cui vuole vincere: a sua insaputa, però, il manager ha truccato il match. La fidanzata, inoltre, non si presenta, convinta che verrà riempito di pugni.
RECENSIONI
Duro, disperato, insolito parto della RKO che lo sceneggiatore Art Cohn trae da un poema di Joseph Moncure March (ma con protagonista nero) e distende in tempo reale scandito da un orologio, scavando nei minimi particolari. Robert Wise, ex-montatore di registi iconoclasti come Orson Welles e William Dieterle, dopo peculiari e ottime prove di genere, si mette in mostra con una messinscena estremamente realistica, sorta di incrocio fra la neorealistica istantanea sociale di Vittorio De Sica (Ladri di Biciclette: il protagonista alle corde e il destino infame, la povertà e i bassifondi), cui aggiunge il tema della violenza come unica via d’uscita dalla miseria (che sempre gli sarà caro) e i codici figurativi dell’espressionismo (splendido bianco e nero di Milton Krasner e ammirevoli ambientazioni grigie e desolate nel palazzo dello sport). Il suo talento, però, alberga soprattutto nella capacità di rendere significativa l’immagine in luogo della parola, giocando sulle espressioni (quando segue la moglie, scruta le esternazioni di Robert Ryan, registra il mezzo sorriso del delinquente) e contravvenendo alla prassi hollywoodiana del B-movie che stringe i tempi ed evita i momenti morti: il suo pedinamento zavattiniano dimostra che ogni attimo è generoso se ben descritto, che siano i sogni di gloria dei pugili negli spogliatoi o la panoramica sui volti del pubblico che sa essere anche sadico, diventando co-protagonista durante l’incontro attraverso “comprimari” come il grasso che s’ingozza o la donna che esige sangue (concentrarsi su pochi caratteri aumenta l'intensità del crescendo del montaggio). Durante il lungo e magistrale incontro, Wise non cerca mai di coinvolgere lo spettatore nel meccanismo di identificazione ed esaltazione che utilizzerà nel successivo Lassù Qualcuno mi Ama, ma impone un punto di osservazione terzo che possa, pur in presenza di un pubblico che parteggia per Stoker, osservare con sguardo critico e inorridito gli incitamenti (“Ammazzalo!”). Nessuna enfasi sportiva o spettacolare: il lordume avvolge la materia inesorabilmente, la carne è al macello, i vincitori sono delle figure tragiche. Unica, amara consolazione finale: essere costretti ad abbandonare questo sporco sport per sempre. Bello il tocco (sempre autorevolmente sussurrato, non gridato) dello “spot” per ultra trentenni.
