Commedia, Sala

SEX TAPE

Titolo OriginaleSex tape
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2014
Genere
Durata94'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Annie e Jay, felicemente sposati da dieci anni, decidono di riaccendere l’intesa sessuale di una volta facendo un video porno. Il filmato, però, sfugge presto al loro controllo.

RECENSIONI

Vittima dell'imperscrutabile efficienza tecnologica del sistema che automatizza, sincronizza, archivia e mercifica il privato, la coppia-modello (genitori amorevoli, fisici perfetti, lavori fantastici) interpretata da Cameron Diaz e Jason Segel, di nuovo diretti da Jake Kasdan dopo Bad Teacher, risponde alla big question della propria vita matrimoniale - come riaccendere la passione raffreddata dalla monotonia quotidiana - prima videoregistrandosi durante una focosa notte di sesso, poi rincorrendo lo scottante filmato che, finito nelle mani sbagliate di amici e conoscenti ora fruitori dei vecchi tablet della coppia, rischia di diventare di dominio pubblico.
In veste di sceneggiatori, Segel e Stoller ripropongono il motivo della felicità di coppia (at)tentata dalle occasioni della vita (le opportunità che in The Five-Year Engagement, scritto da entrambi e diretto da Stoller, finivano per trasfigurare la fisionomia di coppia con smisurati manufatti partoriti dall'inadeguatezza); ma in Sex Tape l'accidentale collisione coniugale - pregiudicata nella credibilità da un imbalsamato Segel e da una Diaz fuori parte - viene limitata a una blanda crisi quantificabile in numero di erezioni e la volgarità sovrana che ha invaso gli spazi domestici non si colora mai dell'epidemica abiezione del mondo, né accede, come nelle commedie di Judd Apatow, alla sproporzione del soggetto rispetto alle pretese del reale: in Sex Tape il mondo è evidentemente l'"osceno" che sta fuori campo, il corpo in affanno (sotto le lenzuola) che la mdp è attenta a occultare, a tagliare fuori dal quadro.

Così le battute triviali e rafferme snocciolate dai personaggi, che tentano la via della risata spicciola denaturalizzando situazioni e caratteri, denunciano in realtà il vuoto inventivo, lo sterile riciclo (si tenti un confronto con tutta l'opera apatowiana), il falso movimento e l'aritmia di una commedia che riduce il topos della gita di famiglia dentro segmenti esistenziali da incubo (si pensi a quelli on the road, per citare un esempio riuscito, di We're the Millers, in cui al recupero oggettivo - un carico di droga - corrisponde quello effettivo dell'istituzione familiare, riedificata a bordo di una casa mobile attraverso l'unione coatta ma felice di corpi in potenza fittizi, criminali, incestuosi) a inconsistente scivolata che nemmeno le vagamente inquietanti, stralunate apparizioni di Rob Lowe e delle sue mostruose (de)composizioni disneyane, nell'episodio forse più divertente del film, riescono a precipitare.
Nullificata ogni critica alla soggezione tecnologica imposta dal presente, il finale ultraconciliante conferma l'indifferenza che per tutto il film - per dirla con Stanley Cavell - ci lambisce dinnanzi alla felicità di questa coppia.