
TRAMA
Il detective Hoffmann è il nuovo enigmista, e si sapeva, ma “il piano originario” di Jigsaw si rivela più complesso e grandioso del previsto.
RECENSIONI
L’altro horror seriale degli anni zero, Final Destination, ha scelto la strada della destrutturazione finale del genere: via le sovrastrutture (plot, costruzione dei personaggi) in bella vista il telaio (sequenza di morti splatter e fantasiose). Saw percorre vie ugualmente parossistiche ma di verso probabilmente opposto: condivide con la saga collega l’autoreferenzialità pura e la riproposizione della struttura identica a se stessa (la sequela di “trappole/prova”) ma invece di prosciugare l’aspetto narrativo della faccenda, lo sovraccarica ai limiti dell’autoparodia. La tendenza era esplosa con prepotenza col IV capitolo, nel quale l’ampliamento retroattivo dell’intreccio si faceva pesante. Il V proseguiva più o meno sugli stessi binari, ma faceva richieste fortunatamente meno esose alle capacità mnemoniche dello spettatore. Con il VI siamo alla gradevole routine. Ormai il giochino è chiaro: aggiungere tasselli a un puzzle cangiante da rileggere e reinterpretare episodio dopo episodio, senza nessun rispetto per l’integrità dell’originale che ormai, alla luce dei sempre nuovi risvolti narrativi (primo fra tutti, gli aiutanti di Saw) ha perso molta della sua aura (ammesso e non concesso che ne avesse una). E in fondo va bene così. Questa auto-sotto-valutazione è segno di senso della misura/realtà e devia la saga da tentazioni mainstream per collocarla dove gli compete, tra i B movies di derivazione ‘80s che non si prendono troppo sul serio e coltivano l’affetto e la dedizione dello spettatore aficionado e consapevole più che di quello occasionale.
Alla regia troviamo, per la prima volta, il montatore storico della serie e non ci faremo certo sfuggire l’occasione di uscircene con roba tipo “e si vede”. Perché si vede. Si vede perché il montaggio è una delle perdonabili e caratterizzanti furbetterie che permettono a Saw di caratterizzarsi in senso “estremo” (e ci riferiamo ovviamente al livello di violenza grafica) ma di rimanere comunque smerciabile nei multisala con un poco invalidante divieto ai minori di 14 anni, perché mammona è mammona. Ecco dunque il dettaglio raccapricciante ma ecco anche il montaggio ai limiti del subliminale che addolcisce la pillola concedendo tempi di lettura dell’immagine solo parzialmente “adeguati”. Del resto si è detto, siamo al more of the same con in più, stavolta, un ritmo narrativo meno fast&furious ma più classico, a tutto vantaggio dell’intelligibilità generale. Attori adeguati al contesto, il che potrebbe non essere esattamente un complimento tradizionalmente inteso.
