Commedia, Recensione

MIO FIGLIO NERONE

TRAMA

L’imperatore Nerone si dedica solo alle arti e ai vizi, pilotato dai suggerimenti di Seneca. Quando la madre Agrippina gli intima di essere un vero leader e partire per la guerra, tenta più volte di ucciderla.

RECENSIONI

Nerone diventa, nelle mani di Steno e Alberto Sordi, il classico tipo irresponsabile, viziato e ozioso all’italiana, e questa parodia del peplum suggerisce anche quale sia il fulcro generatore delle sue “disfunzioni”, il rapporto morboso e ambivalente (amore/odio) con la figura materna. Troppo bello sarebbe se il regista riuscisse, come i grandi autori di genere nostrani, a far ridere mentre approfondisce con satira amara questa riflessione: purtroppo e per quanto efficace, il tutto si risolve nel meccanismo farsesco del protagonista squallido e menefreghista (ma dipinto come fosse un eroe) e della sequela di disastrose vicissitudini in cui si ritrova (neanche così irresistibili, per inventiva e umorismo). La cura formale, fra ambientazioni e costumi, colorata fotografia ed effetti speciali (di Mario Bava), quasi cozza con questi cavalli di battaglia che si rivelano da tiro. Anche il cast, per quanto sopraffino (non foss’altro per la scelta dell’emergente Brigitte Bardot, una Poppea con immancabile e memorabile bagno di latte), non dà tutti i frutti sperati, tanto che il risultato non piacque né ad Alberto Sordi né a Gloria Swanson (infatti è il Seneca di Vittorio De Sica a strappare un plauso).