TRAMA
Maria di Magdala è una fervente religiosa che fatica all’idea di doversi sposare. Poco accettata nella sua famiglia patriarcale, abbandonerà quest’ultima per seguire Gesù di Nazareth e farsi apostola tra gli apostoli accanto a lui. Imparerà il significato dell’amore e sceglierà di soccorrere gli oppressi, aprendo al dialogo con le donne e all’accoglienza degli ultimi.
RECENSIONI
L’immagine che da sempre ci è stata tramandata, dalla liturgia latina, dall’arte figurativa e anche dal cinema (La passione di Cristo e L’ultima tentazione di Cristo, tra i moltissimi altri), è quella di una Maria Maddalena prostituta di buon cuore che trova in Gesù occasione di redenzione. Solo recentemente, attraverso rinnovate analisi del Nuovo Testamento e dei Vangeli apocrifi, si è rivelata invece come una delle più importanti seguaci di Gesù Cristo, sua devota discepola fin dal principio, una sorta di tredicesimo apostolo. Pare che in passato la figura di Maria di Magdala (come veniva anche chiamata Maria Maddalena) sia stata confusa con altre figure di donna presenti nei Vangeli. Supposizioni e ipotesi in merito sono ancora varie, non tutte concordi, ma recentemente Papa Francesco ha fatto chiarezza istituendo il 3 giugno 2016 la festa liturgica di Maria Maddalena, assimilandola quindi agli altri apostoli di Gesù Cristo. Una rivalutazione ufficiale che getta nuova luce sul personaggio e diventa occasione ghiotta, anche per il cinema, di raccontare la stessa storia di sempre modificandone il punto di vista.
Presupposti interessanti che purtroppo lo sguardo di Garth Davis, alla sua seconda regia dopo il fortunato debutto con Lion, non riesce a valorizzare al meglio. Se infatti l’eleganza della messa in scena che alterna campi lunghi a primi piani intensi si confà alla costruzione delle premesse, con la descrizione di una figura femminile stonata in un mondo arcaico fatto di regole rigide e ruoli sociali inscalfibili, l’equilibrio viene meno con l’entrata in campo di Gesù Cristo e degli apostoli. Nella bella immagine di Maria Maddalena che si libera della rete in cui è invischiata scoprendo un fuori finalmente complice è racchiuso il senso del film, ma le tappe che portano all’incontro con Cristo e alla creazione di un legame speciale non possiedono alcuno spessore. Rooney Mara mette il suo sguardo liquido a servizio del personaggio, le note minimali di Hildur Guðnadóttir e del compianto Jóhann Jóhannsson (alla sua ultima colonna sonora) ammantano l’atmosfera di mistero, ma dietro la fotogenia dell’apparenza non trapela alcuna nota caratteriale. La scelta di asciugare, di aggiornare ai tempi, ma anche di edulcorare (il legame tra Maddalena e Gesù viene totalmente anestetizzato), finisce per ritorcersi contro all’efficacia della rivisitazione perché la sospende in un limbo dove ciò che viene esplicitato appare banale, stridente e di pura superficie, mentre il non detto non trova mai un approdo mistico, o comunque significativo.
Il Gesù di Joaquin Phoenix più che umano è quasi parodistico nella totale assenza di carisma con cui è rappresentato e nell’aura sciamanica che lo avvolge; insieme a lui il Pietro declamante di Chiwetel Ejiofor, il Giuda conflittuale ma non troppo di Tahar Rahim e gli altri apostoli diventano figurine bidimensionali di un presepe multietnico dove i gesti e le parole (sempre incentrati su massimi sistemi e mai sul quotidiano) rubano spazio alla spiritualità, vera grande assente dell’opera. Non basta scrutare l’orizzonte per trasmettere profondità di pensiero e purezza di spirito. Potrebbe funzionare come set fotografico di una Via Crucis su rivista patinata, ma nel momento in cui i toni solenni prendono la forma di personaggi in carne e ossa che oltre a rappresentare un’icona dovrebbero anche essere vivi, il progetto frana completamente. Tra l’altro senza che il nuovo punto di vista sulla figura di Maria Maddalena aggiunga, attraverso le immagini, granché al noto. Per quello basta leggere la didascalia finale, l’inizio di questa recensione, o informarsi in rete.