TRAMA
Prima opera compiuta di Sokurov che segue i lavori in un kolchoz della famiglia della contadina Marija nel 1978 e poi dieci anni dopo la proiezione nello stesso luogo, l’elegia della contadina si compie.
RECENSIONI
I lavori estivi con attrezzature misteriose e ritmi eterni avvolge la prima stupenda parte dell'Elegia/requiem della contadina Marija, il sole splende nella campagna e si susseguono brevi sequenze di collaborazione e vita quotidiana, la visita al cimitero dove riposa il figlioletto morto, il riposo all'ombra del camion, la figli di Marija che si asciuga il sudore sul retro del carro. La protagonista è presente ovunque con la sua energia e le memorie, nella spossante fatica del lavoro come nei tristi racconti serali alla luce del set.
I tempi e gli spazi dell'azione si eternano nell'occhio puro e limpidamente russo di Sokurov, senza indugiare ma con la continua capacità di cogliere questo o quel dettaglio, situazione, parola capaci di sintetizzare l'istante del sentire, una qualità così rara da avere il gusto misterioso dell'epifania ed è il tratto indimenticabile del regista.
A distanza di dieci anni, introdotto da due lunghe sequenze d'avvicinamento in automobile, il regista si reca nuovamente nel villaggio di Marija per la proiezione della prima parte. I colori si slavano nel bianco e nero di contro all'algida solarità dei tempi del lavoro, Marija è morta da tempo, stroncata dalle fatiche, la figlia si avvicina, finita la proiezione, al padre chiedendo perché abbia dovuto invitarlo dopo lungo tempo, l'uomo, senza parole adeguate, non può che confermale il proprio affetto, prima di uscire dalla sala. La macchina da presa si inoltra nel bosco del cimitero fino alla tomba di Marija accanto a quella del figlio.
Superflua è ogni spiegazione, la voice over del regista ha avvertito solo della situazione in cui si sono svolte le riprese, la diversità della situazione è evidente, bruciante e "Maria è un film requiem per una contadina".
