Docufiction, Documentario, Sala

FRANCOFONIA

Titolo OriginaleFrancofonia, Le Louvre sous l'occupation
NazioneFrancia/ Germania/ Paesi Bassi
Anno Produzione2015
Durata87'
Sceneggiatura
Fotografia

TRAMA

Il Louvre durante l’Occupazione, l’eredità culturale dell’Europa: come proteggere l’Arte delle tempeste della Storia?

RECENSIONI

Il museo: un cargo in preda alle onde della storia. Il cinema: un ipertesto che si fa carico di animare la cultura, di scuoterla, di 'agitarla', attivando meccaniche diverse da quelle ondulatorie. Per l'autore di Faust, l'arte è esercizio, pratica quotidiana, esperienza. La macchina da presa di Sokurov è una macchina del tempo, capace di attraversare lo spazio e le epoche. Il museo è luogo di condivisione, di fruizione e piacere collettivo. Il cinema docu-finzionale e storico di Sokurov ha sempre mirato a 'demuseificare' il museo, giacché solo una reinscrizione delle vestigia del passato nel tempo presente può far riaffiorare la cultura vivente di un popolo (L'Arca russa), la sua eredità culturale: l'unica speranza alla quale può aggrapparsi l'Europa.
Con Francofonia, presentato in competizione all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, Sokurov porta avanti il suo discorso, personale e poetico più che propriamente storico, sull'identità storica e culturale dell'Europa, e mette per la prima volta in scena i suoi dubbi, le sue esitazioni. La voce sokuroviana interpella il visibile, sussurra, cerca vanamente di destare i morti. Solo nel suo studio, l'autore consulta l'archivio, seleziona i dati storici, li manipola a fini estetici come un poeta rimaneggia le parole. Instaura così nessi inediti, sotto il segno dell'ibridazione: immagini d'archivio (lo sguardo degli altri), finzione (lo sguardo dell'autore), dati storici (il punto di vista degli specialisti), riflessioni estetico-filosofiche (il punto di vista del poeta). L'occhio del poeta perlustra le sale del Louvre alla ricerca 'dei resistenti' della storia: le opere preservate, tracce persistenti e immarcescibili della memoria di un popolo; gli storici difensori delle suddette, ai quali rendere omaggio (Jacques Jaujard e il conte Franz Wolff-Metternich, due antagonisti-complici che riuscirono, durante l'Occupazione, a salvaguardare il patrimonio artistico del museo).

Lontano dall'avvolgente teatralità de L'Arca russa, in cui faceva rivivere i fantasmi dell'Ermitage, in Francofonia Sokurov 'si accontenta' di contemplare l'esistente, abbozzando una sorta di ritratto al cubo: il ritratto anamorfico dei ritratti di eroi del passato che compongono il grande ritratto di un'Europa in cerca di radici. L'autore inscrive in una temporalità altra le opere d'arte e le operazioni del Potere, ciò per meglio farle entrare nel suo universo poetico-filosofico. La macchina da presa accarezza i volti degli uomini eterni ritratti, i soli idealizzabili, da venerare senza riserve, puri e immutabili: i cristalli della storia. L’arte ha questa funzione: facilitare l'incontro tra passato e presente, realtà e finzione, elitismo aristocratico e umanismo rivoluzionario. Il cinema non può certo risvegliare i morti, può edificare un luogo immaginario in cui l'umanità tutta possa ritrovarsi per condividere un patrimonio culturale in pericolo. Senza distinzioni di classe, di lingua, di cultura.

Perché rimproverare a Sokurov di aver semplificato i fatti, di aver operato approssimazioni per comporre il suo poema? Sokurov non è uno storico di professione o un umile divulgatore. A che servirebbe sollevare dubbi su alcuni passaggi che si vorrebbero ironici e grotteschi (Napoleone e il suo ego, la Marianne e la sua triade repubblicana)? Sokurov ha lo stesso senso dell'umorismo di un idealista russo del XIX secolo: alcuno. Si accettino i difetti di un film imperfetto per meglio godere dei numerosi frammenti di bellezza di cui è costellato, giacché uno solo di questi frammenti vale più filmografie.