Drammatico

LORD OF WAR

Titolo OriginaleLord of War
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2005
Durata120'
Sceneggiatura
Fotografia

TRAMA

Yuri Orlov, ucraino immigrato negli Stati Uniti, stanco della sua vita di stenti comincia a spacciare armi. Dal primo fucile al mercato internazionale il passo è breve: dopo la caduta dell’Unione Sovietica sarà lui a smerciare l’immenso arsenale russo inutilizzato, rifornendo le maggiori dittature del pianeta.

RECENSIONI

Nel mondo c'è unar'ma ogni dodici persone, il mio problema è: come armare le altre undici?
Nelle brume nebbiose di un cinema americano mediamente rassicurante, ottimista, noioso il film di Andrew Niccol acquista valenza particolare: dalla prima straordinaria sequenza - si segue il percorso di un proiettile dalla fabbricazione alla destinazione, ossia in mezzo agli occhi di un bambino-soldato africano - si presenta come oggetto contundente, scomodo ma non compiaciuto, il cui bacino della buonanotte è una Colt premuta sulla tempia. Ci sono tutti i presupposti, in realtà, per affondare nelle sabbie del biopic: la nascita, ascesa e caduta del criminale sono presenti all'appello, non manca il one-man-show del protagonista, fioriscono personaggi di contorno. Ma basta poco per sniffare un'aria diversa, di elettrica ironia e bollente per la polvere da sparo: l'immigrato Orlov è il pretesto per inquadrare gli States in una lente deformante, il gringo in terra straniera, che attraverso annotazioni sarcastiche talvolta irresistibili - Niccol fa uso sapiente della voce off, una vera rarità, e si dimostra impeccabile sarto scenico dal respiro ampio ed avvolgente (curioso notare Young Americans di Bowie, in tenuta migliore delle recenti trasmissioni) - distrugge maniacalmente convinzioni precotte, realtà stabilite, residue tenute morali. Scivolando da una sponda all'altra del globo conosciuto, tra Russia e Liberia, dal colbacco alla guerra civile, Orlov è la testimonianza professionale del limbo etico post Guerra Fredda dove l'ideale (incarnato dal concorrente Simeon Weisz) lascia il posto al mero, inattaccabile guadagno; senza scavare nel suo mestiere, aggirando motivazioni intrinseche e solennità di riporto, il trafficante bada solo al danaro per assicurare uno stile alla bellissima consorte, se interpellato confesserà candidamente che quello è il suo lavoro.
Niccol, al terzo appello dopo GATTACA e S1M0NE, conferma la delicata alchimia nel raccontare storie difficili, (mal)celate dall'opulenta società occidentale (a piccoli passi: dopo la droga dell'immagine e le sue derive qui si approda ad un livello più sporco e dannatamente fisico), collocandosi sempre nel sistema - di stilemi, codici, soluzioni riconoscibili - ed insieme ai margini di esso (il regista giura sulle peripezie produttive): malgrado evidenti cedimenti, strutturali perché dovuti alla trattazione stereotipica della materia (la famiglia di Orlov, il suo declino), è proprio questa doppiezza che fa di LORD OF WAR film di fascino malsano, senza morale, carico di sincera scorrettezza. Non esistono bene e male, lo dimostra il geniale rovesciamento finale, nel placido manicheismo socio-politico le ombre possono inghiottire la luce, il sole della libertà americana si eclissa nel Corno d'Africa, un attimo e crolla la facciata. Niccol dichiara provocatoriamente di ispirarsi ad una storia vera: se il plot è pura invenzione tanti Orlov si trovano oggi sulla via di Kabul, Baghdad, Damasco in viaggio d'affari. Un cast corretto non risparmia gustose sorprese (Holm e Sutherland in particolare) ma soprattutto si inchina al solito Cage, attore d'inesausto talento (troppo) spesso equivocato.