TRAMA
Una pittrice di ritorno dal funerale del padre ed un fotografo che ha appena scoperto di essere gravemente malato si incontrano per caso sul luogo di un incidente mortale._x000D_
RECENSIONI
Arriva in Italia con quattro anni di ritardo questo film australiano carico di allori raccolti nei festival internazionali.
Il primo lungometraggio di Sarah Watt (anche sceneggiatrice) è un film sulla morte che incombe sulle vite degli uomini, di fronte ad essa impotenti e piccoli, logorati, quando la incrociano, da unangoscia che toglie il respiro vitale.
I personaggi sono infatti ossessionati dalla morte e la pellicola, rompendo un tabù, racconta il timore che accomuna lintero genere umano.
La forma espressiva è anticonvenzionale. La Watt, disegnatrice che ha realizzato numerosi corti animati, inserisce frequenti sequenze animate, efficacissime e fortemente comiche, con effetto sdrammatizzante. Di registro ben diverso e persino disturbanti sono invece le sequenze che rappresentano il devastante avanzare della malattia nellorganismo.
Attraverso scelte stilistiche molto personali la pellicola tratta senza eccessi e persino con levità temi estremamente tragici: malattia, perdita delle persone care, disgrazie improvvise, suicidio. Eppure non può definirsi un vero dramma perché contiene anche gli elementi della commedia. Una spuria commedia sentimentale, che non tocca mai in alcun modo il melodramma.
Fortemente intima, vive della vita interiore, dei pensieri, delle goffe speranze, delle paure dei suoi protagonisti.
I personaggi vivono i loro sentimenti con pudore, senza manifestazioni esteriori, tra flash di sfacelo fisico perenne, squarci di tragedia incombente che invadono di continuo la quotidianità, ricordi dolorosi e ansiogeni (la malattia che portò il padre del protagonista alla morte).
Lincontro cui sono destinati i due personaggi principali diviene la chiave di volta che permette loro, appoggiandosi luno allaltra e condividendo il peso delle angosce, di trovare la forza di sopportarle.
Intorno al fotografo ed alla pittrice altri sbandati della vita con un macigno sul cuore, che non hanno però altrettanta semplice forza espressiva e simbolica (il percorso meno interessante è quello del caporedattore che, testimone ravvicinato di tante improvvise sventure, si avvicina ai propri cari).
Nonostante le premesse il finale è, un po a sorpresa, positivo e fiducioso. Lamore e la vita sconfiggono, almeno per un po, la morte, e la tensione si scioglie in una velocissima successione in crescendo che risolleva gli animi.
Più della tragicità dei contenuti, però, sono lentezze e silenzi che appesantiscono un po la pellicola e determinano momenti di noia.
Il punto di forza va invece individuato nelle scelte espressive insolite e coraggiose, quasi sempre con un buon risultato: la commistione può scombussolare un po, ma in generale funziona.
Cast di bravi attori dallaria qualunque, soprattutto la svagata pittrice Justine Clarke.
Il titolo italiano è stato scelto, come sempre, per banalizzare la pellicola e creare confusione con un film omonimo (sempre in italiano) del 1996 con Ben Stiller.
