Thriller

L’OMBRA DEL DUBBIO (1943)

Titolo OriginaleShadow of a Doubt
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1943
Genere
Durata108'

TRAMA

Santa Rosa, California. La famiglia Newton è piacevolmente sorpresa dall’arrivo di Charlie, fratello minore della signora Newton. Ma non si tratta di una visita di cortesia…

RECENSIONI

Per Truffaut L’Ombra del Dubbio darebbe un’idea “inesatta” dell’Hitchcock touch. Se alcune delle soluzioni predilette dall’autore non producono in questo film effetti paragonabili a quelli creati altrove (vedi il fiacco conto alla rovescia della corsa verso la biblioteca e il suspense un po’ debole dell’attentato nel garage), obliquamente e sommamente hitchcockiani sono l’intreccio [al cui centro non è, come al solito, un innocente ingiustamente accusato e infine riabilitato, ma l’esatto contrario: un colpevole (quasi) mai sospettato che riesce a salvare la propria reputazione anche post mortem] e il trattamento riservato a quello che, in mano ad altri, sarebbe verosimilmente stato solo un racconto poliziesco e che Hitchcock trasforma in un’impossibile storia d’amore che diviene feroce racconto di formazione. La giovane Charlie è legata allo zio non solo dall’omonimia ma da singolari affinità (testimoniate anche dalla speculare presentazione dei personaggi) che debordano nella telepatia: la ragazza trova nell’affascinante congiunto un antidoto alla calma piatta del quotidiano (mirabilmente quanto involontariamente sottolineata da un doppiaggio italiano di sconfinata idiozia) e, più ancora, un modello esistenziale (“Noi siamo uguali”, gli dice nel corso del colloquio in cucina che evoca un rituale di fidanzamento, suggellato dal dono di un anello). Quando il terribile sospetto (che sorge in Charlie ben prima delle conversazioni con il detective che indaga sullo zio) si fa certezza, l’idolo non s’infrange, anzi acquista nuova forza, tramutandosi in una furia implacabile che va distrutta ma da cui non ci si può mai separare definitivamente, tanto profonde sono le tracce che il contatto con l’ambigua e lacerante realtà lascia nel cuore abituato all’ideale. Indebolito da intermezzi grotteschi spesso imbarazzanti (le conversazioni salottiere sulle ipotesi delittuose, la petulante sorellina della protagonista, l’ultima vedova della carriera di Charlie), il film ha momenti magistrali (il prologo, superbo nella sua essenzialità; l’arrivo del treno nella stazione di Santa Rosa; il dialogo notturno fra zio e nipote dopo la caduta dalla scala; il lapidario finale) che riscattano senza problemi i peccatucci di sceneggiatura (blasonatissima: vi mise mano anche Thornton Wilder).