Drammatico

L’INVENTORE DI FAVOLE

Titolo OriginaleShattered Glass
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2003
Durata99'
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Stephen Glass è l’astro nascente del The New Republic, tra le principali riviste di Washington D.C.. Con una particolarità: le sue storie sono totalmente inventate. Dopo aver redatto un pezzo sugli hackers, qualcuno comincia a sospettare di lui…

RECENSIONI

Trafiletto

Narrando la storia di un uomo “straordinario” attraverso ordinari snodi narrativi, SHATTERED GLASS si rivela film ammalato del germe del biopic, quasi maniacale nel ripassare le convenzioni del genere: l’ex sceneggiatore Billy Ray attinge dal montaggio alternato e dal relativismo del reale (Glass mente nei suoi articoli? E dov’è la verità?), ricreando artificiosamente la classica empatia con il personaggio negativo (aiuta non poco il phisique di Christensen, un caso umano di buon vicinato) al solo scopo di sbalordire e colpire duro in conclusione. Troppo esplicitamente programmatico: questa la mancanza principale del film, cui si intuiscono acrobazie e capriole successive (la sorpresa finale è il segreto di Pulcinella), nonostante si lasci passivamente sorbire scovando l’acme almeno in una punta di sublime bruttezza (il cambio alla direzione del giornale: una carrellata che si trasforma in sfida di sguardi, raschiato ormai il fondo della retorica). Nel volto pettinato di Glass che pronunzia parole dinanzi ad una platea studentesca il lavoro trova un simbolo efficace: parecchia logorrea, la coppia “ascesa & caduta” sottolineata da passaggi spesso didascalici ma il coinvolgimento è fuori dal nostro orizzonte. Nell’anonimità del cast segnalo una Sevigny particolarmente piagnucolosa, mentre la pellicola tenta il salvataggio della “storia vera” offrendo la vetusta chiosa sui titoli di coda. E’ accaduto uno strano fenomeno: per vedere SHATTERED GLASS occorre addirittura pagare il biglietto. Raccontare una truffa con un’altra (piccola?) truffa: a suo modo, un caso di metacinema.

Se era nelle intenzioni dell’esordiente Billy Ray (sceneggiatore di Sotto Corte Marziale e Shooter) ammantare di ambiguità la figura del protagonista (per chi non ne conoscesse la storia: è tratta da un fatto di cronaca), il titolo italiano ne annichilisce i propositi. In realtà, ed è uno degli elementi più notevoli dell’opera, il personaggio di Christensen è sin da subito come il Camaleonte di Jon Jost, palesemente troppo adulatore, ossequioso, segretato, finto umile e affranto: puzza lontano un miglio, ma ottiene il nostro beneficio del dubbio. Ray sceglie l’aspetto umano della vicenda, le relazioni fra i Cronisti d’Assalto, la fiducia, la solidarietà: questo per sferrare il “colpo finale”, dove il privato diventa pubblico (lo scandalo). Gli interessa scoprire in che modo il Glass del titolo originale avesse potuto ingannare tutti i colleghi/amici, non si fa tante domande sul perché (tanto poi la cultura di massa fagocita tutto: Glass ci ha scritto pure un libro). Non vuole, però, essere ambiguo nel dire da che parte sta: nel finale gli applausi sono per il direttore, il suo coraggio, il suo senso di responsabilità, mentre (bel colpo di scena) Glass ha ingannato anche noi spettatori con la favola di una classe di giornalismo che lo adora.