TRAMA
La vita di Bazil è stata devastata dalle armi: è tempo di restituire il favore.
RECENSIONI
Intrighi a gogò (come recita il titolo originale, che la versione doppiata riesce, comme d'habitude, a svilire e banalizzare) per Jeunet, che con questa nuova pellicola rompe un silenzio lungo un lustro (da Una lunga domenica di passioni) e si conferma superbo inventore di(/del) cinema. Micmacs à tire-larigot è un congegno perfettamente oliato, basato su un collaudato mix di trovate visive (il prologo, semplicemente sontuoso, degno di un film muto per compattezza e densità espressiva), citazioni cinefile (l'universo noir, ma anche Tati e Freaks), umorismo acido (senza esagerare: si tratta pur sempre di una favola), il tutto condito da una consapevolezza metacinematografica che, scorrendo sottotraccia in tutto il film, esplode nel prefinale, in una sorta di ricreazione (auto)celebrativa del processo di realizzazione del film. Tutto bene, anzi benissimo, non fosse che L'esplosivo piano di Bazil è tale solo sulla carta. Il risultato cinematografico è di una piattezza desolante, eguagliata solo dalla brillantezza dell'effetto visivo e dall'entusiasmo evidente di un cast più che azzeccato (spicca il solito, irresistibile Dussollier). Ammirato il perfetto funzionamento del giocattolo, si sentono le giunture che scricchiolano con preoccupante frequenza: i personaggi, monodimensionali e fumettistici (non che sia un problema, anzi), si sovrappongono l'uno all'altro nel tentativo (fallito) di colmare e rendere 'interessanti' le pause fra i numeri 'd'azione'; la sofisticata impalcatura visiva maschera (neanche poi tanto) una struttura narrativa elementare, per non dire rinunciataria e di facile consumo (non manca l'immancabile - appunto - storia d'amore con i crampi), a sancire come i limiti della stravaganza debbano necessariamente (?) essere quelli della leggibilità immediata; la necessità (avvertita quasi come un imperativo) di colmare di gag ogni singola sequenza impedisce alle situazioni di svilupparsi a dovere, finendo per immiserirle nei limiti angusti dello sketch (penso, ancora, alla liaison fra Bazil e la contorsionista, o all'ossessione di Remington per le locuzioni desuete), trovando solo occasionalmente un equilibrio fra rapidità di esposizione e altezza di risultato (oltre al già citato prologo, le scene che dipingono l''impossibile' serenità domestica dei perfidi costruttori di armi). Un film troppo calcolato, troppo prudente, troppo 'esatto' per essere qualcosa di più che un giochino ammiccante e godibilissimo.