Thriller

L’ALLIEVO

Titolo OriginaleApt Pupil
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1998
Genere
Durata123'

TRAMA

Un ragazzino riconosce un vecchio criminale nazista: lo ricatta affinché gli racconti i particolari dell’olocausto.

RECENSIONI

Giovane talento cerca sceneggiatore: Bryan Singer, orfano del Christopher McQuarrie de I soliti sospetti, non governa uno script inverosimile e grossolano di Brandon Boyce, salvato dall’ottima prova di Ian McKellen. Il sopravvalutato racconto di Stephen King non fa che emulare il dramma (più riuscito) pseudo-psicologico di Misery, chiuso nel verbo fra quattro mura che costringono le migliori qualità tecniche del regista (invenzioni di ripresa e montaggio) in poche (e belle) sequenze stilizzate, dando molto spazio ad un conflitto di caratteri incredibile, mal congegnato, schematico, effettistico e poco raffinato. In evidenza ci sono solo i fatti, senza motivazioni e personalità ad agirli, si resta in superficie privilegiando i particolari morbosi sulle camere a gas in modo quasi sacrilego, dato che, senza consone didascalie, la tragedia pare strumentalizzata come un qualsiasi cliché dell’orrore. L’idea di fondo sarebbe intrigante e coerente con la poetica del regista, percorsa da figure diaboliche inquietanti e dinamiche relazionali ambigue: dare corpo a questo carnefice, sottolineare la pericolosità della fascinazione del Male, poteva restituire, meglio di tante pellicole politiche e retoriche, l’obbrobriosità delle ideologie fasciste e razziste; gli espedienti del ribaltamento della vittima del ricatto e quello del finale amaro dove il cattivo seme si perpetua, potevano assicurare un impatto drammaturgico non indifferente. La seduzione del male non funziona nella visione troppo manichea di una scuola di pensiero ridotta a puro sadismo (la sequenza del gatto nel forno); l’assurdo rovina la tensione nel momento in cui chiede di credere alla figura di un ragazzo che corre tanti rischi per sola curiosità (non per un’inconscia pulsione a scoprire e sviluppare il Male in sé) e di un adulto che si presta così facilmente al gioco umiliandosi. Senza contare elementi incongrui di per se stessi (Brad Renfro che, alla notizia di essere stato incastrato, reagisce preoccupandosi solo di studiare; la figura del vagabondo: cosa e come sa?). La parte finale è più intrigante, rabbiosa e allarmante. Rivedere Il maratoneta.