TRAMA
1914: abbandonata l’India, il padre deve partire per la guerra e lascia la piccola Sara in un collegio femminile di New York, diretto da una donna oltremodo rigida.
RECENSIONI
Il primo lungometraggio americano del messicano Alfonso Cuaron (aveva già, però, diretto un pregevole episodio del serial “Fallen angels”) è l’adattamento della nota fiaba di Frances Hodgson Burnett, già portata sullo schermo da Walter Lang con Shirley Temple. Di quella versione conserva qualche tratto esageratamente edulcorato (il papà perfetto, la bimba deliziosa e altruista, la cattiva manierata) ma, prendendosi qualche libertà e non essendo stato pensato come veicolo divistico per una baby-star (ma Liesel Matthews è stata una scelta veramente azzeccata), è più raffinato e aderente allo spirito del romanzo. Senza troppe pretese, pensando soprattutto al pubblico di bambini cui si rivolge, riesce ad essere buffo, tenero, edificante e commovente (il finale…): insegna alle potenziali piccole principesse i valori della generosità, dell’umiltà e si consacra al potere terapeutico della fantasia, combattendo contro le regole rigide che la vogliono soffocare ed i cuori “neri” (in quanto feriti) che confondono la realtà con il cinismo. Non è un caso che la nostra “piccola principessa” provenga dall’India (la cui filosofia insegna il rispetto per tutti gli esseri viventi) e che lo sguardo “saggio” di un indiano osservi tutta la vicenda. Una delle favole (di “Ramayana” memoria), raccontate dalla protagonista alle compagne per superare i momenti difficili, prende vita sotto i nostri occhi, materializzandosi con colori sgargianti alla Michael Powell e con gli effetti digitali: ad un certo punto Cuaron, con un tocco di classe, pone in parallelo l’orrore della guerra con la forza “liberatoria” dell’immaginazione sprigionata da questa fiaba. Sceneggiato da Richard LaGravanese ed Elizabeth Chandler.
