Commedia

LA MIA VITA A GARDEN STATE

Titolo OriginaleGarden State
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2004
Genere
Durata109'
Sceneggiatura
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Andrew Largeman, giovane attore di sitcom, torna nella sua piccola città. Sarà l’occasione per confrontarsi con il suo passato.

RECENSIONI

La gioventù a un passo dall’età adulta sotto l’occhio indagatore della macchina da presa, la provincia americana a far da cornice; ancora una volta il film generazionale incrocia le strade della demenzialità e della caricatura per costringere i suoi protagonisti alla confessione del proprio dramma intimo, piccolo o grande che sia, della propria disillusione o frustrazione: un futuro privo di prospettive limita l’orizzonte di un pugno di ragazzi incatenati a una realtà minuscola. GARDEN STATE è un debutto con più di un motivo di interesse:  narrando di un ritorno al nulla delle origini, di un tormento evitato a suon di pillole in nome di un’insana atarassia, Braff, con garbo e occhio non disprezzabile, riesce, soprattutto nella prima parte, a dipingere con discreto piglio questa lotta razionale al senso di colpa e a non farsi intrappolare nelle maglie del genere. Ponendo quasi sempre il protagonista al centro letterale della scena, il regista, con accorto uso di ralenti, accelerazioni e ossessivi primi piani, fa ruotare intorno a lui, ricorrendo anche al registro visionario (l’apatia di Andrew rappresentata dal suo viso impassibile mentre l’aereo onirico precipita), un mondo in equilibrio precario e in cerca di appigli. Il tentativo di sfuggire alla convenzionalità, di nascondere se stesso (non è un caso che il protagonista faccia l’attore) passa attraverso la filosofia spicciola, la passione amorosa, una serie di incontri topici e di situazioni impregnate di morte e dolore ed emerge infine, troppo scopertamente, nel dialogo tra padre e figlio, tappa traballante di un percorso che nella parte finale ossequia lo stereotipo e denuncia una banalità di scrittura (la brutta scena all’aeroporto) che contrasta con quella più misurata dell’inizio. Ben interpretato dallo stesso regista (c’è più di un’ombra di autobiografia, essendo egli nel cast della serie televisiva SCRUBS ed il film girato nel nativo New Jersey), Natalie Portman e Peter Sasgaard, GARDEN STATE, selezionato – ovviamente- dal Sundance, piega la commedia a conclusioni sofferte e pur non motivando certi incensi, giustifica la sua (tardiva) distribuzione. Fa da contorno una colonna sonora furbetta ma variegata (Coldplay, Thievery Corporation, Paul Simon, Zero 7, Nick Drake etc).