Musical, Recensione

JESUS CHRIST SUPERSTAR

NazioneU.S.A.
Anno Produzione1973
Genere
Durata106’

TRAMA

Alcuni artisti attraversano il deserto per inscenare la Passione di Cristo: Giuda è convinto che sia solo un uomo, mentre romani e religiosi sono preoccupati della sua popolarità.

RECENSIONI

Sul set de Il Violinista sul Tetto, Barry Dennen ha consigliato a Jewison di portare al cinema anche la rock opera di Tim Rice (testo) e Andrew Lloyd Webber (musiche): il regista preserva (dopo aver tentato invano di ingaggiare Ian Gillan dei Deep Purple) gli interpreti della versione di Broadway (Yvonne Elliman, Bob Bingham, Ted Neeley, che aveva però un differente ruolo, e Carl Anderson) e gira la maggior parte delle scene in Israele. Grande successo di pubblico, qualche immancabile polemica con gli ortodossi cristiani (soprattutto per la visione umana e non divina di un Gesù presentato come una rockstar), per quello che, insieme a Hair, rappresenta il musical hippy per eccellenza. In anticipo su certe attualizzazioni postmoderne di tragedie classiche, Jewison ha la buona intuizione (è co-autore della sceneggiatura insieme a Melvyn Bragg) di introdurre in modo surreale elementi contemporanei (i carri armati, i soldati con i mitra, i caccia bombardieri) e di fare metacinematografica che mostra troupe e set. A invecchiare inesorabilmente è l’ovvietà del testo, il suo modo di rileggere il Vangelo (da ebreo, probabilmente Jewison non s’è posto minimamente il problema) con matrice giovanile e valori pacifisti dei figli dei fiori: di conseguenza, anche le soluzioni “oniriche” del regista (non molto dotato nella visionarietà) sanno di kitsch.