TRAMA
Estate. Isa e Bahar si lasciano._x000D_
Inverno. Isa e Bahar si riavvicinano…_x000D_
RECENSIONI
Solida incursione di un autore turco ormai pienamente affermato. Ceylan torna nelle nostre sale, dopo Uzak, per portare un nuovo mattone alledificio di sostanza che va costruendo; Iklimer (Climi; notevole evocazione della ciclicità nel rapporto tra amanti, nonché ennesimo scherzo della ridicola titolazione italiana) non racconta una storia damore ma apre rigorosamente quando questo è già evaporato, defluito in routine subito terribile (una visita culturale e una cena tra amici bastano per inchiodare la coppia alle rispettive distanze). Lo fa spogliando la messinscena, attraverso uno stile sobrio e controllato che non cede mai un millimetro alleccesso e al compiacimento: ecco finalmente qualcuno che racconta le pulsioni ma non lo dice (sia chiaro che un lavoro italiano, in confronto, ci avrebbe premuto le orecchie alle reiterate strilla domestiche), non imbocca di parole gli attori che reggono a dovere prolungati piani sequenza - ma preferisce riempire di immagini linquadratura. Il film poggia sulladesione realista e, proprio per questa sua caratteristica basica, moltiplica leffetto dei raffinati momenti surreali (Antonioni è il nome più citato, sul piano non solo stilistico, cfr. laccoppiamento Isa/Serap con lamplesso di Mark Frechette nel deserto di Zabriskie Point); la severa intransigenza della messinscena è rotta dallirruzione del piano onirico (lozoniano sogno di Bahar in pieno sole) mentre la resa veritiera, se esasperata, diventa straniata e inquietante (la derisione di Isa; in due occasioni le donne ridono lungamente di lui, a sottolineare la meschine piccolezze che ne muovono il vissuto). Nuri Bilge Ceylan, che insieme alla moglie Ebru interpreta la coppia protagonista, propone nuovamente un personaggio ulteriore: la Turchia. Il Paese, avvolto sempre in temperature estreme, è il contorno immoto che accompagna una processione di anime svuotate (chiara è levidente formalità di certi dialoghi) e prepara lepifania sulla fine dellamore; la cinepresa lo cattura e lascia respirare, spesso lo sfondo è primo piano, Isa viene inciso nel paesaggio per confermare la sua subalternità e riaffermare per contrasto la banalità dei propri egoismi. Se lopera eccede volutamente sul piano metaforico (la coppia scoppiata fra le rovine; il gioco delle noccioline nellincontro con Serap, a ribadirne il ruolo di spuntino sentimentale; Isa dopo la rottura, che si ferma a osservare unape solitaria sullasfalto), questa è deliziosamente incorniciata dallironia solforica di talune situazioni, ai confini col perfido sarcasmo (il dialogo cruciale Isa/Bahar, eternamente interrotto), che mitigano lapproccio dautore ma, daltronde, continuano a rotolarsi in questo catalogo umano di insopprimibili miserie.
