Recensione, Western

IL FIUME ROSSO

Titolo OriginaleRed River
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1948
Genere
Durata125'

TRAMA

Terminata la guerra di Secessione, John Dunson decide di condurre la propria mandria verso il Missouri. Lo aiuta il figlio adottivo che tuttavia, lungo il periglioso tragitto, si ribella alla sua autorità. Seguirà uno scontro al termine del quale i due scopriranno di esseere legati da un sentimento di amicizia indissolubile.

RECENSIONI

Red River è il primo vero western di Hawks ed uno di quelli che maggiormente hanno portato alla cristallizzazione della forma narrativa e dei topoi del genere. Appartiene, come alcuni dei migliori film di Anthony Mann (Là dove scende il fiume e Terra lontana) al filone "umanista", dove a prevalere sul mezzogiorno di fuoco è la psicomachia, lo scontro tra individualità, qui con evidenti risvolti edipici e, a detta di molti, persino omosessuali. Il regista formalizza letteralmente alcuni temi del genere (il viaggio, l'onore, l'amicizia virile) ma, interassato agli aspetti più quotidiani della vita dei mandriani, ne sacrifica altri, li ignora. Hawks si concentra su tipologie umane che solo la stilizzazione classicista può garantire nella loro forma più pura e sublime così da renderne più flagrante il contrasto. La storia del film di fatto nasce e si alimenta da una dialettica degli opposti: da un lato l'aspra testardaggine, l'apparente cinismo, la forza sovrumana (o superumana) di Tom Dunson/John Wayne; dall'altro il fragile ribellismo, l'immaturità, la commovente vulnerabilità di Matthew/Montgomery Clift. Quando il cinema classico si decide a concedere pari dignità ad ognuna della divergneti parti in conflitto cercando così una via alternativa all'altrimenti dominante, in sede western, manicheismo, si giunge all'hegeliano superamento del disaccordo, dell'antinomia tipologica ed al raggiungimento di una superiore armonia. Qui tale armonia vede trionfare l'amicizia virile, vede disvelarsi un amore latamente omosessuale (sarà azzardato, ma il caro John Wayne, qui Laio e Giocasta assieme, mai come in questo film ama e soffre d'amore, e non per una donna!). Il grande "Duke", meno duro del solito, offre una delle sue interpretazioni migliori mentre Monty Clift, giovane come non mai, è entrato nell'empireo delle stelle perdute anche grazie a questo ruolo, al modo unico con cui indossa il cappello o tiene in bocca una pagliuzza di fieno quasi a volerne estrarre linfa vitale. Un grande western edipico, piuttosto complesso, con la più grande partenza di una mandria della storia del cinema, quasi un pezzo alla Ejzenstejn, che fa impallidire Balla coi lupi e i suoi indiavolatissimi bisonti.