Commedia, Sala

I PIÙ GRANDI DI TUTTI

TRAMA

Dalla cittadina toscana di Rosignano Solvay partì quindici anni fa, l’avventura rock dei Pluto: un gruppo composto, come vuole la tradizione, da voce, chitarra, basso e batteria, che incise due album e piazzò un brano in un noto spot televisivo. Ma, come spesso accade, liti e contrasti portarono la band allo scioglimento e oggi i suoi ex componenti affrontano problemi ben più comuni: qualcuno cerca lavoro, altri hanno famiglia. Per tutti, l’esperienza dei Pluto si è chiusa definitivamente, almeno fino a quando un ammiratore non li contatta per girare un documentario.

RECENSIONI

Credi che Mick Jagger a cinquanta anni farà ancora la rock star?
Rifare il rock dieci anni dopo per chi il rock l'ha fatto davvero. Dopo L'estate del mio primo bacio Virzì si concentra sulla musica - interesse cardine, occupazione principale del regista - immaginando un luogo (la Toscana) e un tempo (tra la fine degli anni Novanta e il 2000), entrambi immersi in una rete musicale underground tenuta insieme da I Pluto, esperienza estinta a causa di liti tra i componenti, con due dischi alle spalle e un pezzo usato per una pubblicità.
Virzì intraprende una strada poco battuta nel territorio italiano - raccontare la storia di un gruppo musicale allo sbando -  ma lo fa rimanendo sulla carreggiata sicura dello scarto tra consapevolezza e impeto adolescenziale, l'ostentazione del sogno e l'aspro sapore della realtà (la difficoltà di trovarsi un lavoro, la fatica della vita famigliare, i soldi che mancano).  I castelli di carta sono duri da mantenere issati: il discorso si arresta chiudendosi in se stesso, in un circolo vizioso, tra i panni sporchi del cinema italiano, sui problemi  - sempre gli stessi - di un'Italietta beatamente ignorante, costruita sui simulacri piuttosto che su individui veri e propri alle prese con una crisi mai affrontata di petto.
Personaggi-modelli, ognuno con l'urgenza di esprimere una caratteristica differente - Cocci bello e dannato, la Pandolfi (chiaramente bassista), unica donna del gruppo e eternamente innamorata del cantante, Cappanera, talentuoso ma costretto a lavorare in fabbrica e Roja, eterno timido, eterno 'buono' - sclerotizzati in una superficie disarmante, nello humour 'alla toscana' che si appiccica alla convenzione e alla frase fatta piuttosto che alla forma identitaria.
Un'idea intrigante, ma troppo ancorata alle forme di Ovosodo, bloccata nelle solitudini individuali dei protagonisti che avrebbe invece potuto esprimersi motivando la linea del sogno infranto. Un film tutto sommato dignitoso se preso nella forma da commedia italiana post- anni '90, dove niente dev'essere preso sul serio.